L'ALTRA FACCIA DEL NARCISISTA

Scritto da: Dott.ssa Annalisa Barbier

 

Il disturbo narcisistico di personalità (DNP) si caratterizza per alcuni aspetti specifici quali la tendenza alla strumentalizzazione dei rapporti interpersonali, comunicazione manipolativa, una certa aggressività più o meno manifesta, arroganza e presunzione, sentimento di superiorità,  sopravvalutazione delle proprie capacità e tendenza a dare la colpa agli altri in caso di fallimento o quando le cose non vanno come si vorrebbe.

Questi rappresentano gli aspetti maggiormente conosciuti del disturbo, ma descrivono solamente in parte la complessità psicologica e la realtà del disagio vissuto dalle persone che ne soffrono.

L’esperienza clinica pone frequentemente in primo piano elementi che ad una prima superficiale valutazione delle persone affette da DNP non è facile evidenziare: senso di profonda solitudine, noia, mancanza di motivazione interna, incapacità di contattare il proprio nucleo profondo, di conoscere i propri reali desideri, incapacità di contattare e conoscere le proprie emozioni, alternanza di euforia e profonda tristezza e apatia, tendenza a temere attacchi alla propria immagine da parte degli altri, costante atteggiamento competitivo.

Chi è affetto da DNP è inoltre incline, soprattutto con l’avanzare dell’età, a soffrire di depressione o disturbi alimentari e a sviluppare particolari difficoltà in ambito relazionale e reazioni distruttive di fronte ad eventuali insuccessi professionali; campo questo che risente in modo particolarmente forte del bisogno del narcisista di sentirsi sempre il migliore, il più in gamba, il più capace.

Si tratta di una forma di sofferenza profonda e continuativa, originata dal bisogno radicato di sentirsi sempre un gradino più in altro degli altri al fine di percepire il proprio valore intrinseco che, inevitabilmente, viene misurato in maniera “esternalizzata” e cioè in base all’indice di gradimento esterno.

Nella storia familiare di queste persone, si nota frequentemente come siano state educate a stabilire il proprio valore in stretta relazione con l’approvazione esterna (dei genitori o delle figure di riferimento), imparando quindi a sentirsi “bene” quando soddisfano le aspettative altrui (che successivamente vengono  internalizzate fino a coprire/sostituire personali attitudini e desideri). Si notano inoltre atteggiamenti parentali di sopravvalutazione e “deizzazione” del figlio, che viene così investito di una responsabilità molto pesante: quella di dover dimostrare di essere sempre all’altezza delle elevate aspettative riversate su di lui, al fine di potersi sentire accettato, amato e quindi di “esistere”.

Le persone affette da DNP presentano spesso una sorta di equazione interiore in cui il proprio valore, la sensazione di “esistere”, è strettamente legato alle risposte di approvazione e, ancora di più, di ammirazione da parte dell’altro, costringendole a vivere in una perenne condizione di competizione e paragone, alla quale potranno forse sottrarsi ma a prezzo di lungo e duro lavoro interiore.

L’altra faccia del narcisista è quella depressa, annoiata e demotivata, devastata da un incolmabile quanto doloroso senso di vuoto e dall’assenza di una motivazione intrinseca sentita e vissuta come personale. E’ la mancanza di spinta esistenziale, di reale amore di sé, l’assenza di contatto interiore, la pigrizia dell’ignavo.

E’ la faccia oscura di chi è votato ad una solitudine irreparabile: la solitudine dei falsi dei, di chi è incapace di empatia, di chi non sa chi vuole essere, di chi non può permettersi alcun vero legame in quanto incatenato a fraudolente aspettative di “superiorità” e “specialità” assolute.

Per chi è affetto da DNP, il vero Sé è uno sconosciuto, una maschera incollata alla pelle troppo dolorosa da  tirare via per guardare il volto reale. Così il vero volto resta  oscuro, nascosto, non conosciuto…a tratti intuito attraverso le crepe della noia e della tristezza e nelle trame dell’amore cha qualcuno prova per loro.

Guardare, sebbene inevitabile passaggio verso la libertà,  resta comunque un atto troppo doloroso, poiché sotto la maschera il volto potrebbe essere quello di uno sconosciuto.

 

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