PAURA DELL'ABBANDONO E DIPENDENZA AFFETTIVA

 

Scritto da:  Annalisa Barbier

 

Le trappole, o SCHEMI COGNITIVI DISFUNZIONALI, sono pattern (configurazioni di stimoli che si presentano a costituire un'unità percettiva) complessi che originano nell’infanzia dalle esperienze relazionali vissute con le figure di riferimento, e si strutturano ed influiscono sul comportamento dell’individuo per tutto il resto della sua vita.

Sono convinzioni riguardanti se stessi e il mondo che restano profondamente radicate nell’individuo;  una sorta di “tema generale pervasivo” che comprende pensieri, ricordi, emozioni e percezioni  relativi a se stessi, agli altri e al rapporto sé/altro.

Questi schemi cognitivi o trappole, sono molto diffusi e generalizzati nella vita dell’individuo e possiedono alcune specifiche caratteristiche:

  • sono vissuti come realtà di fatto e non come interpretazioni soggettive
  • sono disfunzionali  cioè provocano difficoltà nella vita professionale e di relazione, limitando la crescita personale
  • si mantengono nel tempo e creano condizioni e presupposti affinché si verifichi proprio ciò che predicono (profezia che si autodetermina)
  • creano coerenza cognitiva e prevedibilità delle risposte
  • si attivano nella vita adulta in determinate circostanze che ricordano i "traumi" precedenti
  • influenzano i processi cognitivi dell’individuo (interpretazione degli eventi, organizzazione e selezione dei ricordi e della percezione di ciò che accade, influenzano il pensiero ecc.)
  • influenzano di conseguenza il comportamento della persona

QUESTI SCHEMI DETERMINANO IL  MODO DI PENSARE, SENTIRE E PERCEPIRE, AGIRE ED ENTRARE IN CONTATTO CON GLI ALTRI E SONO IN GRADO DI SUSCITARE PROFONDI ED INTENSI SENTIMENTI DI RABBIA, PAURA, TRISTEZZA E ANSIA E PORTANO, NELLA VITA ADULTA, A RIPETERE E RICREARE LE STESSE CONDIZIONI DI SOFFERENZA CHE HANNO AVUTO LUOGO NELL'INFANZIA.

 

Gli schemi disfunzionali originano dal mancato soddisfacimento di BISOGNI EMOTIVI PRIMARI:

·         BISOGNO DI ATTACCAMENTO SICURO (stabilità, rispetto, accudimento amorevole, empatia, protezione, accettazione, integrazione)

·         BISOGNO DI AUTONOMIA, COMPETENZA E SENSO DI IDENTITA’

·         BISOGNO DI LIMITI REALISTICI ED AUTOCONTROLLO

·         LIBERTÀ DI ESPRIMERE I PROPRI BISOGNI ED EMOZIONI

·         BISOGNO DI SPONTANEITÀ E GIOCO

 

In questo articolo parlerò dello SCHEMA DI ABBANDONO/INSTABILITÀ e del modo in cui le persone che presentano questo schema possono sviluppare dipendenza affettiva. Chi possiede lo schema ABBANDONO/INSTABILITÀ vive con la costante paura di perdere la persona amata e rimanere solo al mondo, in una condizione di assenza di amore e cura, in un mondo vissuto come estraneo e pericoloso.

 

Ciò che caratterizza e contraddistingue questo schema è proprio la PAURA IMMINENTE DI RIMANERE SOLI IN UN DESERTO AFFETTIVO (Tenore e Serrani, 2013).

L’origine di questo schema è da rintracciarsi nelle precoci esperienze di rapporto con la figura di riferimento (solitamente la madre)nell'instabilità del legame con essa.

 

Si tratta di situazioni in cui ha avuto luogo una precoce interruzione del rapporto madre/bambino dovuta a origini diverse: nei casi più gravi si riscontra la morte del genitore, in altri una sua grave malattia che impedisce la cura del bambino come ad esempio, una ospedalizzazione prolungata, una depressione grave o la presenza di disturbi come l’alcolismo o la tossicodipendenza, in altri casi potrebbe trattarsi della separazione con allontanamento di uno dei genitori o una sua partenza per un lungo viaggio, o addirittura una sua riduzione di cure ed interesse in seguito alla nascita di un secondo figlio. In molti altri casi lo schema si stabilisce in seguito a ripetuti cambi di figura di accudimento (tate, adozioni o affidi ripetuti) che minano profondamente il senso di stabilità del piccolo.

 

Ciò che conta non è solamente la gravità oggettiva dell’evento che ha provocato instabilità e separazione, ma anche l’età in cui ha avuto luogo (più precoce è l’evento e  maggiore è la gravità dello schema) ed il modo in cui il bambino stesso ha vissuto gli eventi (aspetti temperamentali e predisponenti): la soggettività nella percezione del trauma è infatti molto importante nel determinarne la futura pervasività e la gravità della reazione.

 

Una volta organizzatosi e fissatosi lo schema di abbandono, questo verrà innescato da tutte le situazioni di separazione nella vita futura, in cui la persona potrà trovarsi a ri-vivere un doloroso e pervasivo sentimento di paura, solitudine ed abbandono.

In generale, maggiore è la gravità ed intensità dello schema e più facilmente esso verrà innescato da situazioni anche banali di vita quotidiana: una telefonata mancata, un appuntamento rimandato, una discussione in cui il partner si allontana, una domenica pomeriggio forzatamente trascorsa in casa da soli ecc.

 

Quando una situazione esterna innesca lo SCHEMA DI ABBANDONO, la persona vivrà dolorosi e profondi sentimenti di angoscia, disperazione e rabbia, emozioni che i bambini mostrano quando vengono separati dalla madre (Bowlby, 1973) ai quali succedono un senso di impotenza associato a chiusura e distacco emotivo difensivo.  

 

La persona che presenta questo schema può reagire:

·         chiudendosi ed isolandosi nel proprio dolore, pensando che nessuno mai potrà restarle accanto come desidera se le sue esperienze precoci sono state di abbandono, distacco e mancanza di stabilità nella relazione di accudimento;

·         sviluppando un COMPORTAMENTO  DIPENDENTE perché si sente incapace di sopravvivere senza che qualcuno si prenda cura di lei fornendo una guida, protezione e sostegno costanti. Questo secondo caso è legato ad esperienze infantili in cui il bambino non è stato stimolato a sviluppare autonomia e fiducia in se stesso.

 

In entrambi i casi è possibile che la persona tenda a restare profondamente attaccata a figure di riferimento che considera cruciali per il proprio equilibrio emotivo, come ad esempio il partner, sviluppando una forma di DIPENDENZA finalizzata a garantirsi la presenza di qualcuno che fornisca CURE, PROTEZIONE, ACCUDIMENTO E GUIDA.

 

La DIPENDENZA AFFETTIVA è una manifestazione di dipendenza legata fondamentalmente a due bisogni:

1)       bisogno di avere una guida, un sostegno ed un aiuto quando si percepisce se stessi incapaci di farcela da soli nella vita

2)      bisogno di garantirsi la presenza di una fonte di gratificazione, sostegno e contenimento emotivo laddove le sensazioni profonde di angoscia, paura e dolore legate a dinamiche interne di inadeguatezza o senso di vuoto diventano insostenibili ed ingestibili altrimenti.

 

In entrambi i casi la persona dipendente percepisce se stessa come incapace di fare fronte autonomamente alla vita quotidiana o alla gestione e contenimento delle proprie emozioni negative e tenderà a fare di tutto affinché la figura di riferimento non la abbandoni:

  • ricerca spasmodica di approvazione
  • sottomissione
  • standard severi di prestazione
  • auto-sacrificio

sono alcune delle modalità comportamentali messe in atto dalla persona dipendente e finalizzate a mantenere accanto le persone dalle quali si dipende emotivamente.

 

Gli schemi disfunzionali possono essere modificati attraverso la psicoterapia cognitivo comportamentale accompagnata da esercizi gestaltici, di immaginazione, rilassamento e visualizzazione guidata. In questo modo si lavorerà sia sugli aspetti cognitivi legati alle interpretazioni e ai pensieri di base, che sugli aspetti emotivi legati ai ricordi primitivi e alle situazioni che innescano lo schema attraverso la rievocazione di emozioni e stati d’animo spiacevoli collegati al trauma originario.

 

ARTICOLI CORRELATI: dipendenza affettiva: cosa fare?; dipendenza affettiva e trauma relazionale; dipendenza affettiva e abbandono;  aspetti biologici della dipendenza affettiva

CONSIGLIO DI LEGGERE: “Reinventa la tua vita” di J. Young e J. Klosko, Raffaello Cortina Editore

Commenti: 20
  • #20

    Annalisa Barbier (sabato, 26 dicembre 2020 11:28)

    Gentile Alice,
    la ringrazio per le parole che scrive, sono molto lieta che i miei articoli siano concretamente utili e di aiuto. Per quanto riguarda la sua richiesta la invito a scrivermi in privato utilizzando il modulo di contatto che trova sulla sinistra della pagina, in alto.

  • #19

    Alice (martedì, 22 dicembre 2020 21:26)

    Buonasera dottoressa,

    ho appena letto il suo articolo e devo ringraziarla.
    Finalmente riesco a dare un nome a questo buco nel petto che si presenta prepotentemente nella mia vita da 11 anni e che non riuscivo a comprendere.

    A causa di questo "dolore" che nell'ultimo periodo si è fatto incontrollabile, da circa un anno non faccio che piangere la notte a causa di cose che al mattino mi sembrano così stupide, ma che sul momento non riesco a gestire.
    La sensazione di essere sola mi accompagna da molto, ma solo adesso grazie al suo articolo riesco a vedere il mio dolore sotto un'altra chiave di lettura.

    Nel caso avesse tempo di rispondere al mio commento vorrei chiederle se per caso avesse della letteratura da consigliare sull'argomento che mi potesse aiutare a comprenderei i processi emotivi che portano a vivere un determinato evento come un abbandono.

    Riuscire a dare un nome e una motivazione a tutto questo è molto di conforto e mi piacerebbe informarmi di più fino a quando non avrò la possibilità di poter cominciare un percorso con uno psicologo. Vorrei a tal punto chiederle se lei fosse disponibile, per persone non residenti a Roma, a svolgere sedute a distanza.

    La ringrazio comunque perché anche solo la lettura del suo articolo mi ha fatto sentire più leggera, perché mi ha fatto capire che non sono pazza o sbagliata.
    Quel buco nel petto oggi è un po' più piccolo e mi fa meno paura.

    Grazie

  • #18

    Annalisa (venerdì, 20 marzo 2020 13:35)

    Gentile Giuseppe, personalmente non credo che una "terapia d'urto" possa essere di alcuna utilità. Anzi temp che andrebbe a rinforzare le paure della sua ragazza.
    La cosa più saggia e utile da fare sarebbe probabilmente quella di iniziare un percorso psicologico per la sua ragazza o anche per entrambi.
    Non conosco gli estremi delle vostre specifiche difficoltà né dei comportamenti che la sua ragazza assume e che provocano sofferenza nella coppia; dunque posso dirle genericamente di mantenere un dialogo aperto, accogliente e comprensivo all'interno della coppia, cercando di comprendere le ragioni della sua compagna e cercando insieme di trovare un modo più sano di vedere le cose e di relazionarvi. Colpevolizzarla per le sue paure o imporle di comportarsi diversamente, non è un modo utile di affrontare il problema ma anzi potrebbe amplificarlo.
    Può suggerire alla sua ragazza di iniziare intanto leggendo uno di questi libri: "a tu per tu con la paura" oppure "fiducia e sfiducia", di Krishnananda e Amana.
    Cordiali saluti

  • #17

    Giuseppe (venerdì, 20 marzo 2020 13:13)

    Salve. Sono convinto che la mia ragazza, con cui ho una relazione da quasi 2 anni, ha questo specifico problema ma non vuole ammetterlo a sé stessa ne tanto meno chiederlo a qualcuno. Gli sforzi cognitivi per portarla ad essere più gioiosa e spensierata diventano sempre più pesanti per me e in questi giorni ci stiamo scontrando spesso. Non so più cosa fare e in questi giorni sto maturando il pensiero di una terapia d'urto basata su un abbandono apparente da parte mia ma le implicazioni etiche e morali mi stanno sconquassando la testa. Come mi dovrei comportare? Preciso che siamo giovani e pur volendo non abbiamo possibilità economiche per avviare una terapia.

  • #16

    Annalisa (domenica, 08 marzo 2020 19:11)

    Gentile signora Renata, la ringrazio per ave condiviso la sua esperienza. Le suggerisco, come lei stessa accenna, di rivolgersi ad un professionista che possa accompagnarla e sostenerla in un percorso psicologico che la aiuterà a divenire più forte e consapevole di ciò che desidera davvero. Un caro saluto

  • #15

    Renata (venerdì, 28 febbraio 2020 17:13)

    Buongiorno dottoressa, ho un compagno che mi lascia una volta a settimana per cose banali ma per lui importanti in quanto è una persona che deve avere il completo controllo della mia vita e posso fare cento cose perfette, ma se sgarro l'un per cento per dimenticanza o sbadataggine, Lui senza chiamarmi mi scrive apposta sempre le stesse cose: "deve prendersi una pausa, che deve riflettere su di noi, di farmi la mia vita ecc," mi blocca ovunque , in watsap, in facebook, non mi risponde al telefono, e poi si scatenano parole che fi fanno crollare nel delirio rimanendo angosciata fino a quando non torna da me dicendo di amarmi. Inizialmente con un distacco di 1/ 2 giorni, poi di settimane e l'ultima volta un mese.. Preciso che lui è in cura da un psicologo per problemi suoi. Io da piccola sono stata abbandonata alla nascita NN. Ho avuto un rivissuto nella famiglia di adozione un 2 abbandono. Ciò che mi scatena il mio compagno è nebbia, misto panico e furore.Ogni volta mi blocca e toglie la comunicazione per giorni. La mia sofferenza a volte mi prevale da non riuscire a reagire più e rialzarni. Gli ho chiesto più volte di cambiare questo suo comportamento che mi distrugge..ma lui risponde ha bisogno di essere lui la persona compresa e fare io passi. Io ho fatto di tutto per lui, ma nulla è servito. Mi sento sotterrata sempre di accuse e inizialmente insulti che ora non dice più e ha imparato a contenere. Ma mi ha educata in un rapporto malato dove purtroppo a un certo punto dalle sue parole venivo anche io trascinata nella sua rabbia verbale agganciandomi tirando fuori di me una persona che non sono io dolce che tutti conoscono. NON riesco più a gestire nonostante tutto l'amore che posso questa relazione. Quando sparisce lo bombardo di sms rispondendo a provocazioni e non riesco levarmi il telefonino per tutto il periodo di sofferenza. Lui sa della mia adozione e cosa mi scaturisce uno stacco drastico e come mi fa male.Che devo fare? Io sono innamorata di lui e ci tengo e quando siamo insieme tutto va bene, ma questi suoi comportamenti iniziali mi distruggono. Volevo chiedere al suo psicologo di aiutarlo a frenarsi..ma io ho bisogno di qualcuno che ha a che fare con le persone adottate, rifiutate. Ecco lui mi dice anche queste cattiverie che mi distruggono , capisco perché tua madre ti ha lasciata. Quando torna lucido si pente delle cattiverie dette. .ma purtroppo mi ha insegnato a rispondere cattiveria a cattiveria per un periodo e ora si è ridimensionato e controlla. Devo trovare uno specialista..cosa mi consiglia di fare dottoressa. Provvisoriamente per calmarmi dal panico che mi innonda e distrugge, mi toglie la concentrazione e rischio anche di perdere la lucidità al lavoro..Come posso salvarmi da tutto questo ...Le dico anche che gli altri fidanzati invece erano diversi molto tranquilli, soffrivo una sola volta alla fine della storia. Qui ogni settimana. È come se inconsciamente mi aggancio alla sofferenza che mi procura, e lui non fa nulla, nulla x fermarsi per via dei suoi problemi. La ringrazio tantissimo per l'attenzione.

  • #14

    Annalisa (martedì, 17 settembre 2019 14:46)

    Cara Teresa, la ringrazio per avermi scritto. Non so a quale cambiamento lei faccia riferimento in ciò che mi scrive, ma trattandosi di qualcosa che, come lei stessa ha compreso, l'ha messa di fronte a nuove responsabilità, è comprensibile che questo abbia potuto esacerbare i suoi sintomi già presenti.
    Non posso fare alcuna ipotesi diagnostica sulla base di ciò che mi scrive poiché è insufficiente per comprendere a fondo la dinamica di cui mi parla. Tuttavia identifico nei suoi comportamenti e nelle difficoltà di cui mi parla, la tendenza ad essere dipendente in generale dagli altri. Questo tipo di dipendenza può associarsi anche a dipendenza affettiva, sebbene non si tratti della stessa cosa.
    Sono certa che la sua psicologa la potrà aiutare in questo percorso di costruzione di sicurezza nelle proprie capacità. Un suggerimento: laddove riesce si impegni a fare le cose il più possibile da sola ;-): è Una buona palestra per rinforzare il muscolo dell'autostima!

  • #13

    Teresa (mercoledì, 11 settembre 2019 20:47)

    Salve, ho 28 anni e sono sposata da poco. La mia relazione è molto serena e positiva. Negli ultimi mesi, ho avuto attacchi di panico e molta ansia. Di recente, ho sviluppato anche la paura di rimanere da sola a casa proprio perché preoccupata di star male e non poter fare nulla essendo da sola. Sono in cura presso una psicologa e a breve inizieremo un percorso per rafforzare la stima di me stessa, avendo lei fatto una diagnosi in cui risulta che il cambiamento che ha investito la mia vita, seppur meravigliosamente bello e voluto, mi ha posto di fronte a delle responsabilità che certamente prima non avevo, responsabilità da "adulta" e io che da sempre non mi reputo mai all'altezza delle cose, forse inconsciamente mi turba. In questo periodo mi sono resa conto di essere dipendente completamente da mio marito e dai miei genitori (che tra l'altro non vivono una bella condizione amorosa). Mi sono resa conto che quando sono sola mi viene nostalgia delle persone per me importanti che in quel momento non sono con me, oppure faccio un esempio, se mio marito o mia madre mi accompagnano da qualche parte, nel momento in cui la macchina riparte, sento un forte vuoto dentro, come una sensazione appunto di abbandono. Questa mia paura potrebbe essere classificata come dipendenza affettiva? Premetto che mia madre non lavorava quando io e mio fratello (più piccolo di me) eravamo piccoli e non ricordo di un rapporto non sano con mia madre. Grazie in anticipo

  • #12

    Annalisa (mercoledì, 07 agosto 2019 10:21)

    Gentile Giada la ringrazio per avermi scritto. Personalmente credo che ogni terapia possa essere utile quando funziona bene il rapporto con il terapeuta. Dunque inizi a cercare nella sua città, magari chiedendo se possibile a chi ne ha avuto esperienza diretta, il nominativo di un terapeuta e vada a conoscerlo/la con un primo colloquio. Quando si sentirà compresa, a proprio agio e fiduciosa potrà decidere di iniziare un percorso di terapia.
    In bocca al lupo

  • #11

    Giada (sabato, 27 luglio 2019)

    Salve, sono una ragazza di 20 anni che dopo aver letto questo articolo ha forse compreso quale è il problema che rovina ogni suo rapporto/relazione con amici o altro.
    Vorrei davvero uscire da questo circolo vizioso dove per la persona a cui tengo provo esattamente queste cose: gelosia, paura di essere sostituita, vedere in ogni comportamento qualcosa che magari non c'è, cosa che ora come ora non posso sapere. Vorrei sapere cosa dovrei fare e come muovermi; che tipo di terapia devo richiedere e cose del genere.

  • #10

    Alessandro (venerdì, 23 novembre 2018 18:48)

    La mia da poco ex-compagna mi confidò di aver sofferto da piccola per la madre che talvolta la lasciava da sua nonna e anni prima non la prendeva in orario a scuola. I suoi si sono separati quando aveva 6 anni. A sua volta diventata mamma, secondo me, si è attaccata morbosamente ai due bimbi maschi (9-11 anni) e quando se ne deve separare, perchè vanno dal padre, soffre terribilmente, al punto di avermi lasciato in attesa che il padre ritorni dai figli e lei li controlli sempre. Sperando per amore loro di andarci d'accordo e di riamarlo. Tre anni fa fu lei a cercarmi e a far si che il marito trovasse un'altra con la quale convive sempre, tra alti e bassi. Dallo psicologo parlava quasi esclusivamente del benessere dei figli, e in presenza mia di quanto poco mi sono integrato con i ragazzi, e in effetti sentendomi rifiutato da lei quando c'erano i figli ero geloso. Ho capito che la mia antica ferita è il rifiuto e ora ho più strumenti per comportarmi diversamente e lo sa......Cosa posso fare?

  • #9

    annalisa (sabato, 17 novembre 2018 16:29)

    Gentile Giulia,
    comprendo ciò che può provare nei confronti di suo padre. Non so quanti anni abbia nè quali cponseguenze viva suo padre rispetto al vossuto di cui mi scrive. Dal mio punto di vista, un percorso terapeutico potrebbe essere di aiuto nel momento in cui sarà suo padre a desiderarlo e a cercarlo. Non è facile affrontare certi ricordi e vissuti dolorosi, ma se fatto nel modo giusto può essere di sollievo.
    Un caro saluto

  • #8

    Giulia (sabato, 17 novembre 2018 09:59)

    Buongiorno dottoressa, sono figlia di un uomo abbandonato dalla sua mamma in tenerissima età...il trauma da lui subito ha avuto ripercussioni nella sua vita e di conseguenza sulla mia....recentemente abbiamo avuto un confronto, abbiamo parlato della nostra difficoltà di comunicazione ed è riuscito a raccontarmi della sua infanzia senza la sua mamma....leggo nei suoi occhi tutto il dolore provato e ora mi chiedo se un percorso psicoterapeutico possa aiutarlo in qualche modo....

  • #7

    Annalisa (domenica, 28 ottobre 2018 10:17)

    Gentile Alessandro, la ringrazio per avermi scritto.
    Le suggerisco - trattandosi di una situazione delicata - di parlarne con la psicologa che le ha ipotizzato la diagnosi di cui mi scrive.


  • #6

    Alessandro (domenica, 28 ottobre 2018 09:25)

    Buongiorno,sto rileggendo all'infinito questo articolo,sto andando da una psicologa perché mia moglie (adottata all'età di 5 anni)minaccia ogni giorno di lasciarmi dopo 12 anni tra fidanzamento e matrimonio.
    La psicologa è quasi certa che mia moglie abbia la sindrome di abbandono infatti non fa mai il passo di lasciarmi definitivamente.
    Alterna piccoli gesti di cura nei miei confronti a insulti personali su cose non sono mai successe,la domanda è come far capire a mia moglie che ha questa patologia e che la realtà non è così?
    Sembra un muro invalicabile.
    La ringrazio per la risposta

  • #5

    Annalisa (giovedì, 31 maggio 2018 12:05)

    Gentile Marco, la ringrazio per la sua domanda.
    In effetti, il timore di essere rifiutati o abbandonati dall'altro, può portare a scegliere, più o meno consapevolmente, di chiudere o sabotare la relazione.
    Questo al fine di sentirsi "parte attiva e determinata" nella scelta di chiudere ed evitare dunque la paura che prima o poi sarà l'altro a lasciarci. In questo modo ci si illude di avere il controllo e si evita certamente il dolore di un eventuale abbandono. Tuttavia occorre ricordare bene due cose:
    1) il fatto di temere di essere rifiutati o lasciati dall'altro non equivale alla certezza che lo farà
    2) lasciando per primi o sabotando la relazione, non ci diamo la possibilità di vivere una relazione che potrebbe anche andare bene, di fortificarci in essa e stabilizzare ala nostra fiducia in noi stessi e nell'altro.

  • #4

    Marco (mercoledì, 30 maggio 2018 14:48)

    buongiorno, la psicologa presso cui ero in cura mi ha diagnosticato la paura di essere abbandonato, pur non negando in parte la correttezza della diagnosi mi chiedo se la paura dell'abbandono possa anche realizzarsi nell'evitare che questi abbandoni avvengano, ad esempio lasciando per primi oppure evitando di relazionarsi con l'altro sesso (più che altro non tanto per paura di essere abbandonati quanto di essere ridicolizzati nell'esprimere le proprie emozioni ed interesse).

  • #3

    Ila (mercoledì, 07 marzo 2018 03:12)

    Grazie per questa descrizione cosi accurata. Mi fa sentire meno sola.

  • #2

    annalisa barbier (lunedì, 04 luglio 2016 12:23)

    Gentile Lucy,
    grazie a lei per aver lasciato la sua testimonianza. Vedrà che la terapia le sarà di grandissimo aiuto; il percorso potrà non essere immediato e a volte sarà impegnativo, ma le darà la possibilità di riprendere in mano la sua vita.
    In bocca al lupo!
    AB

  • #1

    Lucy (giovedì, 30 giugno 2016 15:38)

    Buongiorno,

    sto passando un periodo terribile in cui forse sono riuscita a dare un nome al male che mi insegue da 14 anni. La dipendenza affettiva. I suoi articoli mi sono di molto aiuto...forniscono tecniche "fattibili" e mi hanno in qualche modo, per alcuni attimi, tolto dei sensi di colpa. Non sono mai riuscita ad avere una relazione stabile e serena perchè divento dipendente. Ho ansia costante, non riesco a trascorrere del tempo con me stessa. Mi sento incapace e mai "all'altezza", e cerco costantemente l'approvazione degli altri. Io non ricordo di essere stata in qualche modo abbandonata dalla mia mamma...ma forse i miei genitori non mi hanno mai dato responsabilità, che erano previste tutte per mia sorella più grande che è °"nata gia donna". Io forse sono stata troppo...protetta? Non hanno sicuramente mai dato importanza alle mie passioni ritenendo importante solo la scuola. Ed ora io non ho abbastanza coraggio per riprenderle in mano perche non mi sento all'altezza. Ma sono supposizioni. Inizio tra pochi giorni una psicoterapia. Spero di acquisire consapevolezza e scoprire che voglio essermi amica e che desidero essere amata con i miei pregi e i miei difetti. Grazie quello che fa. Un abbraccio.