Nota terminologica: L’uso del maschile per “manipolatore” e del femminile per “vittima” è adottato solo per comodità di scrittura e non
implica riferimenti a dinamiche di genere.
La Manipolazione Emotiva (ME) si sviluppa all’interno di una relazione in cui due persone assumono ruoli complementari, instaurando un legame collusivo che, nel tempo, diventa
sempre più intenso e difficile da interrompere.
In questa “danza relazionale” possiamo individuare due attori principali:
A) Il manipolatore – spinto da un bisogno compulsivo di esercitare potere e controllo, desidera prevalere sull’altro, affermare continuamente la propria ragione ed imporre la
propria visione della realtà.
B) La vittima – particolarmente disponibile all’accoglienza e alla tolleranza, animata da un forte desiderio di approvazione e amore, tende a sacrificare la propria autonomia pur
di mantenere viva la relazione ed il legame con il partner.
Il risultato è l’avvio di una relazione complementare e collusiva in cui, ad ogni passo dell’uno, corrisponde la reazione complementare dell’altro, in tal modo creando un circolo vizioso che si
autoalimenta fino al parossismo.
Caratteristiche della vittima nella manipolazione emotiva
Le persone che assumono il ruolo di “vittima” presentano spesso una combinazione di tratti psicologici e vulnerabilità che le rendono più predisposte ad accettare e mantenere questo tipo di
relazione.
Alcune caratteristiche psicologiche ricorrenti in tali persone sono:
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Paura dell’abbandono: spesso percepita come una vera e propria “apocalisse emotiva”: la sola possibilità di separazione o di
disconferma da parte del partner viene vissuta come un dolore insopportabile e devastante. Questa fragilità si accompagna frequentemente a difficoltà nella regolazione emotiva.
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Desiderio di approvazione: si manifesta come un bisogno costante di essere riconosciuti, stimati e amati, al punto da
sacrificare il proprio punto di vista o i propri bisogni pur di mantenere elevata la sensazione di sintonia e coesione con l’altro.
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Elevata capacità empatica e sensibilità: talvolta alimentata da una “retorica dell’umiltà e della devozione all’altro” di
matrice culturale, porta la persona a percepire intensamente le sofferenze altrui e a farsi carico delle difficoltà dell’altro. Questo atteggiamento, spesso sostenuto da motivazioni
etiche, culturali o educative, può tradursi in un acritico e costante sacrificio del proprio benessere, nella convinzione che tale dedizione verrà ripagata da altrettanta dedizione, amore e
cura.
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Idealizzazione del partner: il manipolatore viene percepito come indispensabile e, con il passare del tempo, la vittima può
arrivare a mettere in discussione la propria percezione della realtà pur di mantenere (inconsapevolmente) l’immagine idealizzata dell’altro, come ci spiega molto bene Robin Stern nel suo
libro “Come mi vuoi?”.
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Scarsa autostima e convinzione di non farcela da soli: si tratta di persone che nutrono dubbi sulle proprie capacità e che si
percepiscono come fragili, inadeguate o insufficientemente competenti. Per questo motivo tendono ad affidarsi in maniera eccessiva all’altro, mosse dal timore di non riuscire a farcela da
sole. Si tratta di un atteggiamento frequentemente riscontrabile nelle personalità a marcata dipendenza.
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Bisogno di una relazione fusionale: la persona tende a instaurare un rapporto di tipo simbiotico, fondato su una condivisione
costante e totalizzante, in cui l’autonomia individuale viene progressivamente ridotta. In questo processo, i propri confini personali si indeboliscono fino a dissolversi, con la conseguenza
di trascurare bisogni, priorità e possibilità di realizzazione personale.
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Condizioni di vulnerabilità contingenti: anche persone solitamente autonome e sicure di sé possono attraversare fasi della vita
in cui la propria stabilità interiore viene messa alla prova. Eventi critici come la perdita del lavoro, un lutto, una separazione, una malattia, un trasferimento in un nuovo contesto o una
crisi esistenziale possono generare sentimenti di smarrimento, solitudine e insicurezza. In tali momenti di fragilità emotiva, il bisogno di sostegno e vicinanza può intensificarsi, rendendo
la persona più incline a legarsi a figure che offrono, almeno in apparenza, protezione e rassicurazione. Questo incremento temporaneo della vulnerabilità espone al rischio di sviluppare
rapporti manipolativi, nei quali la ricerca di conforto e appartenenza finisce per tradursi in dipendenza e perdita di autonomia personale.
Meccanismi manipolatori tipici
Chi subisce manipolazione emotiva viene spesso esposto a una serie di strategie ricorrenti che, nel tempo, erodono la fiducia in sé e la propria sicurezza interiore. Tra le più comuni:
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Esplosioni di rabbia e aggressività: manifestazioni intense, improvvise e intimidatorie come urla, insulti, minacce o gesti
violenti (sbattere porte, rompere oggetti, colpire pareti) finalizzate a rendere l’altro vulnerabile e “sottomesso” spaventandolo.
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Offese e svalutazioni mirate: attacchi diretti alle fragilità della vittima, finalizzati a minarne l’autostima (“sei incapace”,
“non vali nulla”, “sei insopportabile”).
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Critiche distruttive: osservazioni denigratorie volte a mettere in dubbio la capacità della persona di gestire la propria vita o
di costruire relazioni sane.
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Punizione attraverso silenzio e distanza emotiva: una forma di rifiuto sottile ma molto dolorosa e difficile da sostenere in
quanto genera senso di colpa, confusione e disorientamento, senso di isolamento e disconnessione, paura della perdita e di non essere amati. Spesso spinge chi la subisce a sottomettersi e
capitolare alle richieste dell’altro per porre fine al disagio.
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Previsioni catastrofiche: dichiarazioni che instillano senso di disvalore, inutilità, disperazione e dipendenza, come “nessuno
ti amerà mai”, “non sei buono/a a fare nulla”, “resterai solo/a per sempre”.
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Distorsioni cognitive e gaslighting: tecniche che minano la percezione della realtà, facendo dubitare la vittima della propria
memoria, presenza mentale, capacità di giudizio e lucidità (“non è mai successo”, “ti sei inventato/a tutto”, “non l’ho mai detto/fatto”).
Questi meccanismi creano un circolo vizioso: la vittima, temendo di perdere la relazione o di provocare conflitti, finisce per adattarsi progressivamente alla visione del manipolatore,
sacrificando la propria voce interiore e la propria autonomia.
Chi può diventare vittima?
Contrariamente a uno stereotipo diffuso, le vittime non sono necessariamente persone deboli o fragili. Al contrario, molte volte si tratta di persone:
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socialmente integrate
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professionalmente realizzate
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con una rete sociale solida e risorse economiche stabili
In questi casi, il manipolatore – spesso con tratti sociopatici o predatori – sfrutta le risorse della vittima per ottenere vantaggi materiali, prestazioni sessuali, status sociale, controllo o
gratificazione personale.
Considerazioni cliniche
Le caratteristiche sopra descritte possono sovrapporsi a quadri psicopatologici specifici, come la Dipendenza Affettiva o il Disturbo Dipendente di Personalità (DPD). Tuttavia, è importante
sottolineare che non sempre chi cade vittima di manipolazione emotiva presenta un disturbo di personalità: spesso, è l’interazione tra tratti di personalità e condizioni contingenti a generare la
vulnerabilità.
La presa di coscienza del meccanismo collusivo e la possibilità di recuperare la propria autonomia emotiva rappresentano passaggi fondamentali nel percorso terapeutico.
Bibliografia
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Puglisi, L., Scatigno, M., & Tinelli, L. (2019). Gaslighting. La più subdola tecnica di manipolazione psicologica. Milano:
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Stern, R. (2008). Come mi vuoi. Milano: Corbaccio.
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Stern, R. (2011). Non mi puoi manipolare. Milano: TEA.
Marina (venerdì, 17 marzo 2023 05:47)
Tutto vero complimenti per l'articolo, ho passato esattamente ciò che viene descritto, mesi e mesi di costante stress in cui la mia mente ha iniziato a ricordare cosa avessi subito, assieme a frasi del tipo, ti comporti da vittima, ti stai sbagliando, sei pazza... al di là di tutto questo ho capito dove stava la verità, ma ne sono uscita a pezzi e solamente con l'aiuto di persone vicine e un terapeuta... ero sola e non sapevo a cosa aggrapparmi inizialmente, non lo auguro a nessuno...
Ivan (martedì, 05 maggio 2020 14:11)
Salve, ho una domanda. Come mai un manipolatore riesce a non vergognarsi quando distorce palesemente gli eventi del passato per aggredirti o darti colpe?
Si sente giustificato a usare comportamenti così bassi oppure entrano in gioco dei meccanismi di difesa che lo portano a credere nei fatti per come li revisiona?
mary (mercoledì, 31 gennaio 2018 18:16)
tutto descritto in maniera perfetta, il problema è che ancora dopo quasi tre anni dalla fine della relazione mi sento inadeguata per non essere stata all'altezza delle sue aspettative, convivo con questo dolore ogni giorno che ormai fa parte di me. chissà se un giorno riuscirò a superare tutto, mi tornano sempre le sue umiliazioni che non riesco a dimenticare.