DIPENDENZA AFFETTIVA: cosa fare?

Scritto da: Dott.ssa Annalisa Barbier

 

La dipendenza affettiva è certamente un argomento molto attuale e di grande interesse per tutti: dai professionisti a coloro che ne hanno conosciuto i sintomi -  direttamente o indirettamente -  attraverso la propria esperienza o i racconti e le esperienze di  amici o conoscenti.

Sebbene sembri trattarsi di un fenomeno estremamente diffuso, è opportuno fare alcuni chiarimenti che impediscano di confondere le cose o di attribuire etichette inappropriate.

 

Con il termine DIPENDENZA AFFETTIVA si intende una modalità relazionale patologica caratterizzata da comportamenti di eccessivo attaccamento, dipendenza dalla presenza dell’altro e necessità crescente di contatto, in cui si arriva a negare e a rinunciare alla propria identità ed ai propri bisogni pur di garantire la presenza costante del partner, che viene considerato come sola ed unica fonte di gratificazione, sicurezza, amore e “cura”.

In questa definizione sono presenti numerosi elementi che rendono insana e disfunzionale la relazione. Ma gli aspetti peculiari della dipendenza affettiva, quelli che maggiormente la caratterizzano, riguardano il fatto che il dipendente affettivo manifesta comportamenti relazionali caratterizzati da:

1) Ossessività

2) Impulsività

3) Compulsività

Tipici di tutte le dipendenze comportamentali (Caretti e La Barbera). Inoltre vi sono, nelle relazioni dei dipendenti, alcuni aspetti condivisi con le vere e proprie dipendenze da sostanze (A. Giddens) quali:

·        Ebbrezza: ossia lo stato di euforia che la persona prova in seguito alle reazioni del partner ai propri comportamenti

·        Dose o Tolleranza:  cioè la necessità compulsiva di aumentare la “dose” di tempo trascorso col partner, a detrimento del tempo da dedicare ai propri impegni (anche lavorativi o familiari). Il dipendente sente che non è mai abbastanza il tempo trascorso con l’altro, e desidera aumentarlo fino annullare il tempo che trascorre autonomamente (amici, lavoro, sport, hobby, famiglia ecc…). L’assenza dell’altro diventa sempre meno tollerabile e getta il dipendente in una condizione di sofferenza, tristezza, preoccupazione e disperazione, rendendolo incapace di svolgere le normali attività quotidiane in assenza dell’altro.

·        Incapacità di controllare il proprio comportamento: senso di vergogna legato alla consapevolezza, che a tratti si fa chiara nella mente del dipendente, della sua condizione di riduzione della capacità critica e dell’autonomia. Questa consapevolezza spesso getta il dipendente in una nuova e più profonda “crisi” di dipendenza dall’altro.

 

Alla luce di quanto esposto, i casi reali di dipendenza affettiva sono meno frequenti di quanto crediamo. Esistono certamente molte “sfumature di grigio”, che vanno da un comportamento relazionale francamente dipendente a relazioni in cui prevalgono alcuni aspetti disfunzionali senza che si possa tuttavia parlare di una vera e propria dipendenza affettiva.

In ogni caso, occorre stare in guardia quando, nella relazione, compaiono alcuni segnali, e rivolgersi ad un professionista che possa aiutare a non cadere nella spirale della dipendenza:

 

·        Eccessiva disponibilità a stare ai tempi e ai desideri dell’altro

·        Tendenza a mettere sempre in secondo piano impegni personali, familiari e professionali per stare con l’altro

·        Bisogno crescente e incontrollato di contatto e presenza fisica dell’altro

·        Sensazione di angoscia, abbandono o prostrazione quando l’altro è assente

·        Tendenza a mettere i propri bisogni, desideri ed interessi da parte pur di stare con l’altro

·        Episodi di intensa ansia, agitazione, paura o angoscia in seguito a conflitti, discussioni o allontanamento dell’altro

·        Tendenza a sopraffare l’altro, assumendo comportamenti persecutori, nella ricerca continua di presenza, contatto e conferme

·        Ricatti emotivi nei confronti dell’altro qualora si allontanasse – anche solo momentaneamente, finalizzati a tenerlo legato a sé o a garantirne la presenza fisica

·        Incapacità di valutare giudiziosamente e lucidamente comportamenti dell’altro evidentemente scorretti o offensivi

·        Tendenza ad accettare compromessi spiacevoli per non perdere l’altro

·        Sensazione di essere incapaci di andare avanti senza l’altra persona

·        Comparsa nel tempo di uno stato di ansia costante, o di profonda tristezza, vergogna, o paura di essere abbandonati e di perdere se stessi

·        Progressivo isolamento sociale: amici, familiari, colleghi ed altre attività vengono lentamente abbandonati per concentrarsi esclusivamente sulla relazione

·        Il tempo diventa fonte di disagio ed angoscia  quando non trascorso con l’altro

·        Sensazione di profonda solitudine

·        Perdita di autostima

·        Sensazione di euforia e completezza solo in presenza dell’altro e del suo apprezzamento

·        Incapacità a svolgere autonomamente le proprie attività come prima

·        Difficoltà di concentrazione e di attenzione

·        Modificazioni del comportamento alimentare e del sonno

·        Comparsa di comportamenti e pensieri ossessivi incentrati su tematiche di controllo dell’altro (anche attraverso ripetuti messaggini, controlli della bacheca di Facebook, dell’ultimo collegamento su Whatsapp ecc.)

·        Difficoltà a controllare il proprio comportamento e le proprie manifestazioni emotive (scoppi di ira, crisi di pianto o disperazione, attacchi di panico…)

·        Tendenza ad occupare l’intera giornata con pensieri relativi all’altro e a come fare per garantirsi di trascorrere più tempo insieme

·        Reazioni aggressive o estremamente vaghe alle domande e alle osservazioni di amici e familiari che si accorgono che qualcosa non va

·        Tendenza ad evitare amici e familiari che hanno capito il nostro problema, pur di non mettere in discussione la relazione

 I segni che ho elencato non sono certamente esaustivi, ed ognuno può manifestarne di diversi e più specifici. La cosa importante è comprendere che la presenza di più fattori quali quelli che ho elencato, potrebbe indicare che si sta scivolando un una spirale pericolosa che non porterà a nulla di buono, ed agire prontamente consultando uno specialista e ricordando a se stessi alcuni punti principali:

 

·        confrontarsi con un professionista, se si ha il dubbio di stare scivolando nella spirale della dipendenza.

·        restare fedeli ai propri impegni e ai propri interessi poiché questa fedeltà, nel tempo, è in grado di garantire il giusto senso di stabilità ed autonomia.

·        trascorrere del tempo con amici, colleghi e familiari: questo permetterà di mantenere una sana rete relazionale in grado di fornire supporto, gratificazione e momenti piacevoli indipendentemente e al di fuori della relazione.

·        continuare ad impegnarsi nel lavoro: questo permette di restare con i piedi ben piantati a terra e di ottenere gratificazioni personali e riconoscimenti non legati alla relazione.

·        organizzare le proprie attività indipendentemente dall’altro, senza aspettare che si faccia vivo/viva per vederci.

·        tenere sempre a mente che la convinzione di non potercela fare da soli è appunto SOLO UNA CONVINZIONE e non necessariamente un dato di fatto.

·        smettere di colpevolizzarsi per ogni malumore dell’altro o per ogni cosa che non va come vorreste

·        smettere di credere di doverlo cambiare, aiutare, comprendere, supportare a tutti i costi.

·        esprimere con educazione e fermezza i propri interessi e punti di vista senza temere di venire abbandonati per questo: l’altra persona probabilmente avrà anche maggiore stima di chi sa farsi rispettare.

·        Imparare a dire di NO quando è no. Cedere indiscriminatamente solo per avere accanto qualcuno è sbagliato poiché nel tempo fa sentire incapaci, insicuri e insoddisfatti e mina l’autostima dalle radici.

·        Imparare a capire quando si fa qualcosa per il piacere di farla piuttosto che per la paura di essere abbandonati, e cercare quindi di limitare i comportamenti legati all’evitamento di un presunto abbandono. Infatti, questi ultimi, non solo non garantiranno la presenza dell’altra persona, ma renderanno anche un cattivo servizio alla propria autostima.

·        Amore non vuol dire reciproca dipendenza ne’ fusione. Mantenere separati alcuni spazi è estremamente salutare per il rapporto, e per il proprio equilibrio e benessere emotivo.

·        Fare un corso di yoga o meditazione per aumentare la capacità di consapevolezza dei propri pensieri automatici, delle proprie emozioni e delle proprie aspettative. Ma anche per aumentare il contatto con il sé profondo e favorire un maggiore senso di integrità ed equilibrio.

 

ARTICOLI CORRELATI: Via i sensi di colpa in 10 mosse; Dire basta alla dipendenza affettiva; I dipendenti affettivi; Tanti amori  e lo stesso errore? Sei un dipendente affettivo?

 

Letture consigliate

·        Giddens A., “The transformation of intimacy: sexuality, love and eroticism”. Cambridge: Polity press; 1992

·        Caretti e La Barbera: “Le dipendenze patologiche, clinica e psicopatologia”. Raffaello Cortina

·        Miller D., “Donne che si fanno male”. Feltrinelli

·        Norwood R., “Donne che amano troppo”

·        Albano T., Gulimanoska L., “In-Dipendenza: un percorso verso l’autonomia”. Vol.

Manuale sugli aspetti eziopatogenetici, clinici e psicopatologici delle dipendenze”. FrancoAngeli

·        Guerreschi C., "New addictions. Le nuove dipendenze". Edizioni San Paolo

·        Harriet G. Lerner, "La danza della rabbia". Edizioni Corbaccio

·        Harriet G. Lerner, "The dance of Intimacy"

·        Krishnananda e Amana, “A tu per tu con la paura”, Feltrinelli

·        Krishnananda e Amana “Fiducia e Sfiducia”, Feltrinelli

·        "dire basta alla dipendenza affettiva" di Marie-Chantal Deetjens

·        "la dipendenza affetiva" di Daniel Piétro