LE VOSTRE TESTIMONIANZE


La storia di G.

Buongiorno dottoressa, ho letto il suo appello sul raccontare la propria esperienza in maniera anonima in materia di manipolazione relazionale o dipendenza affettiva. Condivido il suo pensiero che farlo possa dare sostegno a chi si trova nelle stesse condizioni e lo incoraggi a pensare che se ne può uscire.

Ho conosciuto il “mio” narciso alcuni anni fa, in primavera: ovviamente, bello come il sole (ho poi realizzato con il tempo che spesso le loro “vittime” li chiamano così) affascinante, intelligente, ironico, particolarmente abile ad usare le parole, speciale insomma, uno che quando lo vedi pensi: "è l’uomo perfetto per me” .

Quando l’ho incontrato, lui stava con un’altra donna e nonostante ciò mi sono lanciata in questa storia (primo errore di valutazione). Premetto che è stata la prima volta che ho avuto una relazione con un uomo impegnato. Col tempo ho fatto pace col senso di colpa (ho capito che la responsabilità era anche sua e che questo genere di uomini fa perdere completamente il lume della ragione) convinta che fosse solo una relazione passionale e ne sarei uscita quando volevo (secondo errore di valutazione).

Ho vissuto nell'ombra per un anno, prendendo le briciole di un rapporto che, inizialmente mi ha fatto sentire viva, trasgressiva diversa dall'immagine della brava ragazza, che ha fatto sempre la cosa giusta: la brava bambina, la brava figlia, la brava scolara che in famiglia doveva sempre dare il minor fastidio possibile (mio padre da quando avevo dodici anni ha avuto seri problemi di salute, ed è venuto presto a mancare…quindi, ho avuto un’adolescenza difficile e ho capito fin da piccola che c’era poco spazio per fare la Principessina e fare dare preoccupazioni).

In seguito, la situazione ha cominciato a farmi sentire a disagio e ho deciso di allontanare questo uomo dalla mia vita (non gli ho chiesto di scegliere, semplicemente me ne sono andata spiegandogli che così mi stavo facendo del male).

Fortunatamente mi sono resa conto che, per farlo avevo bisogno dell’appoggio di una professionista e di un percorso di psicoterapia che mi aiutasse a capire meglio… ME

Lui era solo la punta di un iceberg, di qualcosa di molto più grande che faceva leva sul mio vissuto di bambina abituata a NON chiedere, e su una mancanza di autostima strutturata, nonostante fossi una persona in gamba, intelligente. Ho iniziato un percorso doloroso, comunque bellissimo dentro me stessa…ho capito tante cose di me, mi sono resa conto di quanti narcisi hanno fatto parte delle mie relazioni in tutti questi anni (nei rapporti di coppia e nelle amicizia). Che amarezza quando tuttora li riconosco tra quelli che consideravo amici.

Nel tempo, nonostante io gli chiedessi di lasciarmi in pace lui ha continuato a cercarmi e, dopo due mesi, mi ha informata che aveva lasciato l’altra. Avevo ancora la sua amicizia su Facebook e questa cosa mi teneva legata a lui… sentivo di non averlo vissuto pienamente come donna in una relazione a due e questo, dentro di me, mi faceva sperare e credere che con me potesse essere diverso. Sebbene il mio istinto mi dicesse che si sarebbe comportato con me allo stesso modo delle altre donne (non era la prima volta che tradiva le sue compagne ovviamente, me lo aveva anche ammesso) tornai sui miei passi (terzo errore di valutazione).

Inizialmente gli dissi che non volevo tornare con lui;  infatti avevo iniziato il processo di disintossicazione, proprio perché avevo aperto gli occhi sul suo disturbo di personalità, solo che c’era una lotta dentro di me, tra la parte più consapevole e quella che lo amava…ancora…ancora lui più di ME.

Penso che la mia dottoressa, che inizialmente ha cercato di arginarmi, abbia compreso che avevo bisogno di toccare con gli occhi la realtà dei fatti: mi ha quindi accompagnato in tutti i momenti, quelli belli in cui per certi versi, mi esortava a vivere la storia con più tranquillità emotiva (visto che avevo deciso di dargli fiducia) e quelli più conflittuali….la mia autostima stava crescendo ed ero diventata meno gheisha, più consapevole nei suoi confronti ed inevitabilmente sarebbe arrivato il momento in cui IO lo avrei lasciato per una relazione sana.

È stato un anno travagliato in cui ho perso il lavoro e sono dovuta tornare a vivere in famiglia perché dipendente economicamente. In cui, oltre a tutto il disagio che stavo attraversando per essere disoccupata, mi sono sentita troppo spesso messa da parte, ansiosa, insicura, piena di paure, non mi sono sentita accolta, ascoltata, e soprattutto non ero MAI sicura di essere l’unica donna. Dubbi che poi sono stati confermati… Provavo gelosia come mai avrei creduto, soffrivo di ansia ed insonnia, agitazione, senso di frustrazione. Ad un certo punto, nonostante la fatica del momento che stavo vivendo, ho aperto gli occhi ed ho realizzato che la relazione invece di essere un punto di forza, mi destabilizzava ulteriormente.

FINALMENTE alcuni mesi fa l’ho lasciato definitivamente. Ne sono fuori da molti mesi. Ovviamente, nonostante il dolore ed il lutto della separazione, la mia vita è decisamente migliorata: ho ritrovato il mio sorriso, la voglia di stare con le persone, ho iniziato a dormire, ad essere fiduciosa verso il futuro e a sentirmi piano piano padrona delle mie emozioni e dei miei pensieri, e soprattutto sono tornata ad essere SERENA!!!!

Sono convinta che questa esperienza sia comunque stata preziosa per la mia crescita personale, anche se dolorosa, ed oggi sono una donna più consapevole di quello che valgo e di ciò che merito. Sto ancora leccandomi le ferite e so che dopo questo fisiologico momento in cui ho bisogno di stare sola, avrò l’opportunità di incontrare l ‘UOMO che fa per me, all'interno di una relazione sana ed equilibrata.

Esorto tutte le persone che vivono in queste “gabbie” di uscirne, perché quella porta è aperta e siamo noi ad avere la facoltà di andare via e di vivere una vita degna di essere vissuta,  con la consapevolezza che meritiamo di essere AMATE in MODO SANO. E soprattutto, fatevi aiutare da un professionista. Certi uomini sono bravi manipolatori e bisogna farsi accompagnare per liberarsene per SEMPRE,  perché loro ritornano…


LA STORIA DI V.

 

La mia storia inizia 5 anni fa: all’epoca ero fidanzata da 10 anni con una persona splendida che mi adorava davvero, quando ho malauguratamente perso la testa per un altro uomo, che ai miei occhi appariva simpatico, brillante, pieno di interessi, risorse, hobby. Questa persona inoltre, gestiva (e tuttora gestisce) un locale che in città è molto noto, ed il fatto che lui potesse rivolgere le sue attenzioni proprio a me mi lusingava e mi faceva sentire importante, in un periodo in cui la mia relazione sentimentale attraversava un momento di “stanca”.

Tant'è che lascio il mio ex per l’altro, il quale invece mi dice: ''cosa speravi di trovare in me, il principe azzurro a cavallo? Io sono un burbero, e voglio stare da solo! Torna da lui, che è la persona che ti renderà felice''. Non ci vediamo per un po’  e lui mi dice che le cose erano cambiate e che stava con un'altra, fino a quando poi non la lascia, giustificando la sua scelta dicendo che io ero troppo presente nella sua mente, e che stava male senza di me!

Ricominciamo a frequentarci e la storia -  tra alti e bassi -  va avanti ancora per qualche tempo; una storia assurda, fatta di momenti idilliaci ed emozioni intense ed episodi di allontanamento. Lui sempre molto geloso, diffidente, incapace di fidarsi di me, qualsiasi cosa gli dicessi. Io dall’altra parte ero sempre ansiosa ed insicura, piena di paura che prima o poi potesse accadere qualcosa: non andavo mai bene, non andava bene nulla di ciò che facevo.

La sua gelosia e la sua diffidenza raggiungevano livelli impossibili: nonostante mi sia sempre vestita in maniera molto semplice, mi accusava di farmi bella e vestire in modo provocante per incontrare un altro uomo. Se andavo al cinema con mia madre lui non mi credeva e se non rispondevo subito al cellulare si arrabbiava e, al telefono, mi liquidava freddamente.  Se volevo parlare per un chiarimento mi diceva che non era il momento e che voleva solo essere lasciato in pace!

Quando ho iniziato a pensare che la storia stesse evolvendo positivamente, una mattina in casa sua leggo delle mail: insomma io non ero l'unica, ma c'erano con me anche Roberta, Laura, Paola, Maria e molte altre… Tutte storie di cui non sapevo nulla, iniziate e mai chiuse. A quel punto me ne vado senza dire una parola e senza dare alcuna spiegazione. Ero sconvolta e per ben tre mesi non ho avuto il coraggio di parlargli, finché un giorno mi apro e gli scrivo il vero motivo per cui ero sparita. Lui ovviamente nega tutto, dicendo che erano solo amiche, che mi ero sbagliata alla grande  e che ormai era troppo ''schifato dal mio comportamento''… ribatto prontamente che volevo soltanto dare sfogo a ciò che provavo e che non mi aspettavo nulla da lui.

Un mese dopo mi contatta pregandomi di vederci quindi viene a casa mia abbattuto e in lacrime e, guardandomi negli occhi, mi dice ciò che in due anni non gli avevo mai sentito dire: ''ti amo''.

A quel punto io, che la ragione ce l'ho ma non la riesco ad usare in questa circostanza, mi sciolgo, e riprendiamo a frequentarci. Tuttavia la favola dura poco.

In quel periodo accettai la proposta di diventare la responsabile in una birreria: era fantastico quel lavoro, ed io stavo bene. Ma lui riuscì a farmelo lasciare, non perché si preoccupasse che tornassi a casa tardi la sera, tra l’altro con l’incasso della giornata, ma facendo sgradevoli allusioni tipo: "brava vai, vai a fare le tue sfilate ma che ne sai tu di locali, fornitori, clienti e responsabilità! Non sei per niente professionale! Ti odio e ti schifo, mi hai distrutto… sei entrata nel mio stagno".

In quel periodo, una sera venne da me sconvolto dalla rabbia, con gli occhi iniettati di sangue, e mi scaraventa addosso dei cd perchè avevo preso contatti con un musicista per lavoro! Insomma era diventato impossibile. Tuttavia e io, anziché rinunciare a lui rinunciai a quel lavoro che invece mi dava molte soddisfazioni, pur di non dover più sopportare la sua gelosia.

Il rapporto va avanti, tra sue partenze inaspettate e comportamenti freddi, e messaggi ambigui sul suo telefonino.

4 mesi fa mi allontano nuovamente, in seguito ad una sua ennesima scenata. Non ne potevo più!

Ma ecco che di nuovo cedo alle sue lusinghe. Inizio a parlargli del mio desiderio di andare a vivere insieme, lui dice di essere d’accordo ma lo dice senza alcuna convinzione....infatti cambia nuovamente. Torna ad esibire verso di me un atteggiamento distaccato e freddo, al che decido di parlargli.

 Vado da lui e gli chiedo se per caso non ci sia qualcosa di cui mi vorrebbe parlare, se fosse successo qualcosa, ma lui – sempre evasivo -  lui mi risponde: "sono indaffarato, ho mille preoccupazioni e tu non puoi diventare l’ennesima; non mi lascia indifferente ciò che dici, ma io la mia vita l'ho scelta e tu non sei tra i miei obiettivi. Non posso svegliarmi la mattina e pensare a come poterti accontentare. Tu devi essere un bastone per me non un lavoro, sei una donna del resto, e come tutte le altre arrivi a fare questi discorsi. Non vuoi me, ma un altro".

Non avevo neanche la forza di rispondere ma ribatto: “io sarei un lavoro? Io non sono come molte altre donne il cui obiettivo è quello di volersi sistemare, io volevo semplicemente condividere la mia vita con te perchè ti amo!" E lui risponde infastidito: "si vabbè queste parole…!".

Da premettere che quattro mesi fa, quando mi allontanai dopo l'ennesima delusione, mi disse "io quest'estate ti avrei chiesto di andare a vivere insieme l'avevo detto anche agli amici" ... quindi glielo ricordo e lui risponde: "era un altro momento! Poi mi hai deluso e io non ho dimenticato ...io in realtà ti ho lasciato 4 mesi fa, sei tu che sei voluta tornare da me!". A queste parole prendo la mia borsa e vado via! Lui mi lancia accuse affermando che sono una vigliacca, che sono poco chiara…

Nonostante stessi malissimo sono andata via, consapevole del fatto che sarebbe stato inutile continuare a parlare dopo quello che già gli avevo sentito dire.

Ora ho tanta rabbia. Ho sofferto tanto in questi anni, ho rinunciato a molte cose per non perderlo, l'ho sempre perdonato, ascoltato, cercando di stargli vicino e di consigliarlo anche sul lavoro nel rapporto con i suoi dipendenti.  Gli sono rimasta sempre accanto nei momenti difficili, causati da problemi economici o perchè doveva vedersi con il padre in tribunale (mai andati d'accordo). E lui mi ha sempre rinfacciato che io non lo sapevo ascoltare… accusandomi di essere una bambina viziata, perché ho un padre e una madre che mi vogliono bene (lui la madre l'ha persa 6 anni fa) e perchè lavoro per permettermi il lusso di vivere da sola in una buona zona di Napoli. Non mi sono mai sentita accolta, ascoltata, compresa, creduta e ora che è finita sto male, ma stavo male anche con lui!

Io dovevo informarlo di ogni cosa facessi e guai a fare lo stesso con lui: non potevo assolutamente chiedergli nulla, non potevo entrare nella sua vita perché lui teneva molto alla riservatezza! Diceva che lui è a compartimenti stagni: non mi ha mai portato a vedere una partita di football e lui era l'allenatore! Quindi rimanevo a casa perché non potevo stare con altre persone né con i suoi amici! Dovevo rimanere nascosta dalle sue frequentazioni! Mai una sera mi ha chiesto di prendere una birra nel suo locale…Mi rispondeva "devo lavorare"!!! Doveva decidere sempre e solo lui quando vederci, dove e come! Non potevo avanzare nessuna richiesta, né fare mai alcun tipo di progetto che lo includesse o richiedesse la sua presenza. Mi sentivo depressa, repressa e in più con la convinzione che io non fossi l'unica donna per lui, non mi sentivo tale nè lui mi ha mai detto "sei importante per me, sei la mia unica donna". Inoltre per lui avrei rinunciato anche al diventare madre perché lui bambini non ne voleva, mi diceva che "i bambini sono come i cani, e i cani sono esseri inutili e io voglio mettere uno stop alla mia stirpe"! Credo di aver finito ma sono tante le cose, tanta la rabbia. 


LA STORIA DI L.

Per due anni ho vissuto una relazione con una donna con una personalità marcatamente narcisista (in senso clinico) e manipolatrice. Vorrei raccontarla in modo che possa eventualmente risultare utile a chi si trovi, o si sia trovato, in una situazione simile a quella vissuta da me.

Quarantacinque anni, separato da alcuni anni, con tre figlie, vivo una relazione bella e “adulta” con una donna che ha più o meno la mia stessa età e condizione (separata con un figlio). Questa relazione, che dura da due anni, è tuttavia in una fase di stallo perché per entrambi, nonostante il desiderio, sembra difficile fare quel passo che porta a una convivenza. Inoltre lei sembra legata a me non tanto da un reale innamoramento, ma da una scelta razionale nei confronti di un uomo affidabile e che le dimostra grande affetto e cura.

È in questo momento di “crisi” che conosco Elena. Ci scriviamo alcuni messaggi e ci incontriamo un paio di volte, per parlare e conoscerci. Elena pare del tutto indifferente al fatto che io abbia già una relazione, e si slancia verso di me con la certezza di conquistarmi. Ha 10 anni meno di me, è bella e brillante, pratica il mio stesso sport. Mi lascio conquistare, non solo perché è una ragazza carina, ma gratificato per questa enorme attenzione. Interrompo così bruscamente (e sciaguratamente, aggiungo oggi) la mia relazione precedente. Non sono infatti, per mia natura, un tipo portato alla menzogna o alla doppia vita.

Elena mi dice che presto dovrà trasferirsi per lavoro in una città distante dalla mia circa 300 chilometri. Mi rendo conto che questo sarà un problema, ma penso anche che, in un amore grande e solido (come spero si realizzi, in quella fase), tutto potrà essere affrontato. La distanza, il fatto di avere due vite diverse (io mi occupo, oltre che del mio lavoro, quasi quotidianamente delle mie figlie e le ho con me un week-end su due, dal venerdì sera alla domenica). Affronterò, penso, perfino il fatto che Elena, comprensibilmente, vorrà un giorno avere un figlio. Parlo di questo con lei. Lei è sorpresa che io affronti l’argomento figlio (una preoccupazione che mi sorge spontanea, visto che la amo, perché mi metto nei panni di lei), e ne è felice.

I primi mesi sembrano un idillio. Elena comincia a dirmi di non essere mai stata così convinta, fra i vari uomini con cui è stata, della sua scelta amorosa: non è mai stata così innamorata. Vuole passare con me il resto della sua vita. Però al tempo stesso comincia a mandarmi dei segnali conturbanti, quasi di minaccia. In occasione di uno dei nostri primi litigi (a poche settimane dall’inizio della storia) sbotta: “Questa è proprio una di quelle sere in cui andrei col primo che passa!”. Mi informa puntualmente di persone che le mandano messaggi di apprezzamento su facebook. Dichiara di essere ingenua, di non saper riconoscere quando gli uomini la corteggiano, e di non saperli tenere a distanza. Le rispondo che, a 35 anni, essendo lei attraente e il classico tipo che si fa notare con sorrisi e comportamenti, la cosa mi risulta poco credibile. Lei replica che mi racconta tutto proprio a conferma della sua innocenza.

Entro in poco tempo in un vortice di gelosia che non avrei mai creduto possibile. Elena mi racconta che un ragazzo conosciuto mentre eravamo fuori insieme a fare sport (e con cui aveva parlato in un attimo in cui non ero presente) era andata a cercarla in ufficio per proporle di andare a fare sport insieme. Mi dice pure che, non sapendo come sbarazzarsi di lui, lo ha liquidato dandogli il numero di telefono. Contemporaneamente mi accorgo che su facebook è diventata amica di un uomo della mia stessa età e condizione (separato con un figlio), con cui si ritrova un paio di volte ad andare fuori una giornata, giacché anche lui pratica lo stesso sport. Sono appena tre o quattro mesi che stiamo insieme… La tipica fase in cui non guardi nessun altro…

Comincio a soffrire di ansia, e per difendermi da queste gelosie decido di disattivare il mio account facebook.

Nel frattempo sperimento l’uso che Elena fa del telefono. Nonostante viviamo in due città diverse, Elena non sembra sentire mai il desiderio di telefonarmi in pausa pranzo per salutarmi o raccontarmi qualcosa del suo nuovo lavoro. È un lavoro che la porta a girare nella regione con alcuni colleghi uomini, per cui mi racconta che pranzano insieme, chiacchierano, che lei beve un bicchiere (uno solo!) di vino, che poi ripartono per altri giri. Ma “il tempo di fare una telefonata, ti giuro, non c’è proprio”. Anche la sera, è lei a decidere i tempi di quando e quanto ci sentiamo. Le dico che potrebbe mettere una linea telefonica e internet (ha preso una casa in affitto) e potremmo vederci su skype. Ma la cosa non sembra interessarla. Le basta il cellulare, che spegne a suo piacimento, perché quando torna a casa ha bisogno di rilassarsi e non essere disturbata.

Quando ci vediamo ripete sempre di essere innamoratissima. Sul piano sessuale mi sento molto attratto da lei. Eppure accade spesso che, dormendo insieme, comincio ad avere degli incubi. Sogno incendi, o incidenti vari. Una volta sogno anche di essere legato a un albero e trafitto da varie frecce come San Sebastiano. Quando Elena è lontana, soffro sempre più di ansia e di insonnia. Mi rendo conto di essere caduto in una condizione di dipendenza affettiva. Comincio da un lato ad autoaccusarmi: sono io il problema, sono possessivo, sono geloso.

Le parlo di come sto. Lei risponde che è normale, che è l’Amore. E che anche io le manco quando siamo lontani. Mi spiega che le mie gelosie sono immotivate: sono solo mie paure. Comincio allora a pensare che il problema è soltanto la distanza. E passo sopra al fatto che la sera non posso chiamarla perché: “sto vedendo un film, non mi scocciare, ti richiamo io quando è finito”. Passano due ore e non richiama. È mezzanotte, e anche se sono agitato e frustrato, vorrei poter andare a dormire, quindi la chiamo io, solo per dire buonanotte. Risposta seccata: “Ti avevo detto che ti richiamavo io! Adesso stavo vedendo un’altra cosa!” Questo schema si ripete decine di volte. La sera, ancor più del giorno, diventa per me un inferno. Non sono capace, come fa lei, di spegnere il telefono. Sto sempre lì ad aspettare che mi chiami, e quando lo fa, mi sento meglio. Elena, o anche soltanto la sua voce, diventa per me una droga.

Quando stiamo insieme sembra andare tutto benissimo. Ma il nostro stare insieme ha sempre e soltanto la modalità della vacanza. La vado a trovare nella sua città appena sono libero, e mi accorgo che in ufficio ha conquistato tutti, è piena di uomini che hanno molte attenzioni per lei. Lei comincia a dirmi “quello lì è gay, quell’altro pure è gay. Ho notato sul cantiere che Tizio ha un gran pisello. Ma anche lui è gay, lo sanno tutti. E io sono innamorata di te!”. Lei invece non viene mai a vedere dove lavoro, non mostra interesse all’idea di conoscere le mie figlie, la mia famiglia. Penso che sarà questione di tempo, che sarebbe inutile e improduttivo forzarla. Andiamo avanti così. Quando stiamo insieme siamo di fatto due adolescenti. Quando ci separiamo, io torno alla mia vita adulta di padre, di persona che lavora. Lei rientra nel suo mondo, che per molti versi rimane misterioso, insondabile. Vado dal medico e mi faccio prescrivere un ansiolitico, poi un sonnifero. Di giorno soffro di dolori all’addome. Lavoro con estrema difficoltà, a volte non riesco a lavorare affatto. Devo portarmi con me l’ansiolitico, perché in molti momenti sono sopraffatto dal panico. La qualità del mio tempo dedicato alle figlie si abbassa notevolmente. Comincio a pensare che loro, le mie amate figlie, sono l’ostacolo per poter stare sempre con Elena. Scivolo in una crisi sempre più profonda.

Dopo poche settimane che stavamo insieme mi ha spiegato che soffre da molti anni di un disturbo alimentare di tipo bulimico, per cui la sera, quando è lì, si abboffa e poi vomita. È questa la ragione per cui, molte volte, la sera non vuole parlarmi. Mi racconta di essere stata in analisi, ma di averla interrotta. Mi racconta vari disordini sentimentali della sua vita intorno ai 27-28 anni. Di aver frequentato un gruppo di persone che fumava oppio. Racconta anche di aver avuto, a quell’epoca, rapporti sessuali con due uomini diversi nella stessa giornata: “questo però alla mia analista non avevo avuto il coraggio di raccontarlo! Doveva essere una cosa di tipo bulimico!”. Mi racconta pure di aver tradito, con un ex, l’uomo con cui aveva avuto una relazione importante prima di me, al tempo in cui loro due convivevano. Poi mi ripete sempre, per rassicurarmi, “ma io non sono mai stata innamorata come di te!”

Col passare del tempo mi rendevo conto della sua fragilità, della sua stranezza, però pensavo pure che dovevo farmi carico di tutto questo se volevo stare con lei. In fondo ero io il più grande, il più solido, anche se il mio malessere andava aumentando. Lei invece era tranquilla, lavorava normalmente, e reclamava in continuazione i suoi spazi di indipendenza: “nel we in cui tu hai le figlie, io DEVO andar fuori coi miei amici (sempre uomini, beninteso), perché altrimenti sto troppo male per la tua mancanza!”

Ogni discussione era l’occasione, per lei, di sottolineare che ero io l’elemento nocivo nel nostro rapporto: “tu esageri sempre tutto! Sei geloso! Non mi lasci libera!” In realtà io la lasciavo sempre libera di fare ciò che voleva. Tre giorni a sciare da una parte. Dopo qualche mese, altri tre giorni in montagna con altri amici. Al suo ritorno le dico, aprendole il mio cuore: “in realtà io ti ho detto di andare, però avrei voluto vederti, stare con te. Forse ho esagerato con la mia generosità. In futuro dovremmo regolarci diversamente: non posso – per amore - passar sopra ai miei desideri…” Reazione tremenda di lei, irritata del fatto che le rinfacciavo la libertà di quei giorni. Reazione mia: rifletto e mi rendo conto che Elena è tremendamente egoista, e che mentre io mi preoccupo di come sta lei (se è contenta, o se è triste), lei pensa esclusivamente ai suoi programmi, e di come sto io non le frega nulla. Dopo una notte insonne accanto a lei, che dorme beata a casa mia, la mattina la sveglio e le dico che se ne può andare. Replica di lei (sempre abile a spostare su di me il problema e non prendersi mai la responsabilità dei suoi comportamenti): “Ecco, tu sei il classico uomo separato, che dopo aver mandato all’aria un matrimonio, fa saltare un rapporto importante come il nostro soltanto perché per una sera ti ho tenuto il muso!” Mi sento colto in fallo, mi sento colpevole, ha ragione lei – penso – sono uno stupido, un irresponsabile: nella vita faccio solo casini. Ho sbagliato io. Facciamo pace. “No, tu mi hai cacciata, e adesso me ne vado”.

Ci sono molti altri aneddoti che potrei raccontare. La dinamica alla fine era sempre quella: io tendevo a giustificare i suoi comportamenti, e colpevolizzavo me stesso. Mi ripetevo che era una fortuna stare con una donna giovane e bella come lei, e che questa fortuna me la dovevo meritare, e cercare di comportarmi bene.

Dopo quasi un anno che stiamo insieme, Elena viene a sapere che la sorella (più giovane di lei) aspetta un bambino. La sera stessa mi dice: “fra due o tre mesi al massimo anche noi dobbiamo cominciare a provare ad avere un figlio”. Le dico che in linea generale lo volevo anch’io (pur avendone già tre!), ma che forse la coincidenza con la gravidanza della sorella non era una buona ragione per far scattare improvvisamente l’urgenza di quel pur comprensibile desiderio. Risposta: “Quindi tu vuoi dirmi che io sarei in competizione con mia sorella! Guarda che io un figlio lo voglio, e lo sai!”

Dopo vari tira e molla, discussioni infinite, metto a fuoco sempre più il carattere di Elena. E mi rendo conto che per quanto ne sia attratto fortemente (direi follemente) sul piano fisico, mi sembra una persona misera, squilibrata, egoista. Non è generosa. Non è mai empatica, né con me né con le persone della sua famiglia. Pensa che, nei contrasti, il problema siano sempre gli altri. Sono sempre gli altri a essere invidiosi, malevoli, ecc. Ma soprattutto metto a fuoco il fatto che ai suoi discorsi romantici, alle moine, alle continue dichiarazioni di amore, non corrispondono nella realtà dei comportamenti adeguati. Anzi, la sua tendenza è sempre quella di sminuirmi: “L., non sarai mica uno di quelli che se vengono lasciati minacciano il suicidio”. Oppure, ridacchiando: “Senti L., ma tu ci staresti in una coppia aperta?” E quando vede la mia espressione, misto di stupore e delusione: “Ma dai, era solo una battuta! Tu te la prendi per una battuta!”

Dopo un breve periodo in cui decide di ospitare in vacanza me e due mie figlie, perché la sua città si affaccia sul mare, mi rendo conto che proprio non ce la fa a stare nel rapporto. Ha ripreso i contatti col suo ex più recente, quello con cui ha convissuto (di cui peraltro ha sempre parlato male). Durante la nostra permanenza a casa sua (10 giorni in tutto) per due sere ha bisogno di uscire da sola e di andare a due concerti, a cui segue racconto dettagliato (non richiesto) di quel che ha fatto per dimostrarmi che non c’era niente di male. Si lamenta che la mia figlia più piccola la sera guarda i cartoni e “uno non può nemmeno vedere il telegiornale!”

Le chiedo: “ma tu desideri stare anche con le mie figlie? Ti fa piacere conoscerle?” Risposta: “non è che lo desideri, ma devo farlo per stare con te. Lo potrò fare di più, e più volentieri, solo quando avremo un figlio nostro”.

Altri episodi ed elementi hanno contribuito a fare sì che prendessi sempre più coscienza che Elena, nonostante il suo enorme ascendente su di me, non era il partner che volevo. Dopo un’estate passata tra liti, separazioni, ritorni, tentativi di chiarimento, ai primi di settembre 2013, una sera, mando un sms a Elena. Nessuna risposta. Due ore dopo la chiamo. Cellulare spento. Decido che non ce la faccio più. L’idea di ricominciare come l’autunno precedente, di passare altri mesi ad aspettare i suoi tempi, la sua disponibilità, nell’ansia sempre più forte che ci fosse qualcun altro, mi era insopportabile. Decido di lasciarla definitivamente. Passo un mese e mezzo in una condizione devastata. L’estate, anziché portarmi il riposo delle vacanza, mi ha prosciugato di ogni energia. Indago, per la prima volta, su un paio di cose riguardanti Elena, e scopro due menzogne. Chiamo a raccolta i miei amici, i miei cari, affinché mi sostengano. Dopo un po’ comincio a stare meglio e a riattivarmi. Scrivo qualcosa su facebook riguardo ai miei progetti futuri (comprarmi una casa). Elena viene a saperlo, e puntualmente mi cerca. La incontro, lei piange, vuole tornare insieme, dice che il nostro è un grande amore, promette che cambierà, dice pure che non ha fatto altro che pensare a noi, e che i grandi dolori possono a volte essere di insegnamento. In realtà, lo avrei saputo soltanto in seguito, già da agosto ha una relazione con un altro uomo, e anche a lui ha detto di essere innamorata. Sono trascorsi così altri mesi, mentre ero all’insaputa di lui, Dario (un collega di Elena, di cui avevo sospettato mesi addietro), mesi nei quali ho fatto ogni possibile sforzo per far comprendere a Elena qual era il rapporto che avrei voluto avere con lei. Le ho spiegato quanto i suoi comportamenti fossero per me destabilizzanti, e quanto invece volessi avere una compagna che fosse per me una base solida, un punto di forza, e non una minaccia. Lei ha continuato a comportarsi come sempre, e anche peggio, visto che era legata sull’altro fronte, e anche Dario richiedeva tempo e attenzioni. Non si possono contare le menzogne che mi avrà detto in questo periodo. Praticamente stava con due uomini a week-end alterni. Io avevo avuto il sentore di tutto questo, ma come sempre pensavo che ero io a essere in errore. Di fatto alla fine ho lasciato Elena perché ho capito che ciò che le interessava era soltanto il suo mondo, cioè se stessa, e io potevo interessarla come un oggetto da avere. Non nutriva nessun sentimento reale nei miei confronti. Anzi mi accusava, quando la mettevo di fronte ai suoi limiti, di essere un folle, un sadico. Secondo lei mi divertivo a farla stare male.

L’ho lasciata definitivamente all’inizio di marzo scorso. Per due mesi lei ha continuato a scrivermi sms e a cercarmi. Le ho risposto un’unica volta, per dirle: basta! A fine maggio, quando per me ormai tutto era finito, Dario mi scrive un messaggio su facebook: “Mi chiamo Dario Bianchi. Ho bisogno di parlarti urgentemente di Elena. Credo che parlarci sarebbe utile per entrambi. Ho delle informazioni che forse non conosci. Ho una relazione con lei dallo scorso agosto. Ho scoperto solo oggi per caso che ha una relazione anche con te. Sta facendo soffrire molto entrambi e pensavo fosse giusto tu lo sapessi”. Evidentemente Dario doveva aver scoperto un sms di Elena a me, e pensava che stavamo ancora insieme.

Ho scritto a Elena che avevo saputo, l’ho insultata. Sono stato di nuovo malissimo. In compenso lei non mi ha più cercato. Ma il male che mi ha fatto è stato enorme. Credo che mi ci vorrà ancora del tempo per riprendermi.  

Mi dispiace sinceramente per Dario, l’altra “vittima”, che probabilmente è ancora legato a Elena. Io sono riuscito ad allontanarla solo grazie all’amore per le mie figlie, che non meritavano di avere un padre ogni volta depresso o sull’orlo di una crisi di nervi.

 

Quanto a Elena, credo che così come ha manipolato me, ingannandomi, manipola inconsapevolmente se stessa, inventa una sua versione della realtà nella quale lei è nel giusto. Con ogni probabilità adesso racconterà, agli altri e a se stessa, che ero io l’essere malvagio, l’anima nera (come prima di me il suo ex) che l’ha fatta tanto soffrire. Perché un problema dei narcisisti è evidentemente la totale inconsapevolezza del proprio disturbo, e la convinzione radicale a comportarsi ingiustamente siano gli altri.