STILI DI ATTACCAMENTO E RELAZIONI SENTIMENTALI

 

Scritto da: Annalisa Barbier

 

Gli studi sull’attaccamento sono molto importanti per comprendere come l’individuo conquisti gradualmente l’autonomia. L’attaccamento è la base per la creazione di un legame con l’altro, caratterizzato dalla ricerca di stabilità, protezione, accoglienza, sicurezza e benessere. Il nostro modo di creare legami adulti sarà influenzato dalla qualità dei legami che abbiamo avuto da piccoli con le nostre principali figure di riferimento. 

Sia l’attaccamento che la dipendenza sono basati sulla capacità di stabilire e creare un legame con un altro individuo, ma si distinguono per una fondamentale differenza: 

 

1) L’ATTACCAMENTO PERMETTE IL DISTACCO 

2) LA DIPENDENZA IMPEDISCE IL DISTACCO 

 

Nel corso del Novecento molti sono stati gli studi volti a conoscere a fondo la relazione tra bambino e la sua figura di riferimento o di attaccamento (tipicamente la madre). A partire dalla prima metà del 1900 si vedevano già affiorare le prime teorie, più o meno verificate, sull’importanza dell’attaccamentonel buon sviluppo psico-fisico del bambino. 

Freud, agli inizi del ventesimo secolo, sosteneva che il bambino costruisse un legame di amore con la madre sulla base del fatto che questa soddisfaceva il suo bisogno fondamentale di essere allattato. 

 

Negli anni Ottanta, lo psicoanalista inglese John Bowlby afferma invece che il bambino (così come i piccoli di altri mammiferi secondo gli studi di Harlow), ha la tendenza naturale a costruire un legame con la madre, che è indipendente dal semplice soddisfacimento della fame, poiché la madre rappresenta per lui la fonte di contatto e vicinanza primaria, dunque una garanzia di protezione per la sopravvivenza. 

 

Secondo Bowlby dunque, l’attaccamento non si sviluppa esclusivamente per necessità di nutrimento e per l’allattamento, ma si stabilisce sulla base e attraverso la presenza di alcuni altri elementi fondamentali: come il contatto ed il calore fisico, le coccole, le attenzioni e le rassicurazioni di cui il piccolo ha bisogno, e che ricerca per istinto.

Gli studi sperimentali dello psicologo americano Harry Harlow degli anni Cinquanta, confermarono che il contatto fisico, il calore e altre caratteristiche come la morbidezza e la capacità di dare accoglimento fisico, erano più importanti dell’allattamento al fine di stabilire un legame di attaccamento. 

 

LA TEORIA DELL’ATTACCAMENTO DI JOHN BOWLBY 

John Bowlby integrò nel suo lavoro la teoria psicoanalitica di Freud sullo studio degli istinti e delle pulsioni, con le osservazioni comportamentali di stampo etologico di Conrad Lorenz, ed è considerato ad oggi il padre della teoria dell’attaccamento.

Egli definì l’attaccamento come: 

“La propensione innata a cercare la vicinanza protettiva di un membro della propria specie quando si è vulnerabili ai pericoli ambientali per fatica, dolore, impotenza o malattia”. (J. Bowlby, 1969)

Questo autore ha indagato a fondo le radici del legame madre bambino con studi sperimentali, notando che il piccolo non ricercava nel rapporto solo il nutrimento ma che il legame che stabiliva, l’attaccamento, era finalizzato alla ricerca di protezione, serenità, di calore e accoglimento da parte della madre. 

È utile fare una distinzione tra tre concetti simili tra loro nella teoria sviluppata da Bowlby: il comportamento di attaccamento, il legame di attaccamento e il sistema dei comportamenti di attaccamento. 

 

IL COMPORTAMENTO DI ATTACCAMENTO 

Indica quel comportamento che ha la duplice funzione di: 

  • assicurare la vicinanza a una figura di attaccamento 
  • proteggere il bambino dal pericolo 

Si tratta di un comportamento di natura interazionale, il cui fine è spingere il piccolo a ricercare l’interazione e il contatto con la figura di riferimento non soltanto per ottenere nutrimento ma anche per ottenere gratificazioni o per canalizzare le pulsioni (Bowlby 1969). È un comportamento che possiede una motivazione intrinseca a sé stante svincolata dall’istinto alla nutrizione o all’accoppiamento. Questo comportamento viene attivato dalla separazione o dalla minaccia di separazione dalla figura di attaccamento e viene “disinnescato” o attutito (dipende dalla gravità della minaccia percepita) quando il piccolo ottiene la vicinanza con la figura di riferimento.

Ciò significa diverse cose: 

  • poterla vedere senza avere contatto fisico; ascoltandone le parole di conforto senza contatto fisico
  • vicinanza e contatto fisico caratterizzato da coccole ed essere tenuti stretti 

Il comportamento di attaccamento ha la caratteristica di poter essere attivato in contesti e circostanze diverse e con persone diverse (non solo la figura di riferimento genitoriale); infatti il bambino possiede delle gerarchie di riferimento interno di persone adulte alle quali ricorre, in assenza della figura principale, per poter essere consolato e rassicurato. 

Nel suo libro “Una base sicura” (1988), Bowlby descrive la differenza tra il comportamento di attaccamentoed il legame di attaccamento, specificando che l’attaccamento in sé è un modello stabile nel corso del tempo, che non cambia in modo repentino come accade invece per il comportamento di attaccamento, ma che muta in modo molto lento nel tempo. Il comportamento di attaccamento può manifestarsi in diverse occasioni con persone diverse, mentre il legame di attaccamento è limitato prevalentemente alla figura di riferimento primaria dell’individuo. 

 

IL LEGAME DI ATTACCAMENTO

 

Il legame di attaccamento è qualcosa di diverso dal comportamento di attaccamento; se il secondo è manifesto, misurabile e rilevabile attraverso la sola osservazione, il legame di attaccamento è ciò che unisce profondamente ad un altro individuo, ed è dunque riservato solo a pochissime persone importantie di riferimento per il piccolo. Con il termine attaccamento si fa riferimento al tipo di attaccamento dell’individuo, che può essere secondo questa teoria, sicuro o insicuro, come vedremo più in là. 

 

LA BASE SICURA 

Mary Ainsworth (1949) aveva già ̀ usato, nella sua tesi di laurea, l’espressione “base sicura” per descrivere l’atmosfera di sicurezza e affidabilità creata dalla figura di attaccamento nei confronti del piccolo. 

La base sicura permette al piccolo di sentirsi tranquillo e sicuro nell’esplorare l’ambiente e nel dare sfogo alla sua curiosità, sapendo di poter fare affidamento su una figura di riferimento stabile e disponibile, come un “porto sicuro” al quale tornare dopo aver esplorato luoghi ignoti e pericolosi. Quando non sente di avere una base sicura, l’individuo fa ricorso ad una serie di comportamenti difensivi (spesso disfunzionali) atti a ridurre al minimo o ad evitare del tutto sofferenza derivante da tale assenza. 

 

IL SISTEMA DEI COMPORTAMENTI DI ATTACCAMENTO

Per quanto riguarda il sistema dei comportamenti di attaccamento, questi indicano il modo in cui la persona mantiene una relazione con la sua figura di attaccamento, postulando l’esistenza di un’organizzazione psicologica interna con caratteristiche specifiche, che comprendono schemi di sé e della figura di attaccamento (stili di attaccamento). Sulla base di quanto scritto, vediamo come legame di attaccamento e comportamento di attaccamento condividano un sistema di comportamenti di attaccamento, che forgiano profondamente il modo in cui ci sentiamo nella relazione e il modo in cui viviamo l’altro e la relazione stessa, influenzando la nostra capacità di nutrire una fiducia sana e matura verso l’altro e la relazione: 

  • IO SONO... 
  • L’ALTRO E’... 
  • LA RELAZIONE E’... 

L’attaccamento è dunque composto da un sistema dinamico di comportamenti che contribuiscono alla formazione e gestione della relazione tra due individui, le cui radici affondano nelle prime esperienze di relazione con le figure di attaccamento primarie, e si sviluppa seguendo tappe specifiche legate allo sviluppo e alla crescita del piccolo: 

·      0-3 mesi pre-attaccamento: il bambino non discrimina le persone ma riconosce figura umana; 

·      3-6 mesi in formazione: inizia formazione di un legame. Il bimbo riconosce una figura in particolare (quella che lo cura e coccola). Compare la paura dell’estraneo; 

·      7-8 mesi l’angoscia: non esiste il concetto di “permanenza dell’oggetto” quindi il bambino prova angoscia quando la figura di riferimento si allontana; 

·      8-24 mesi: attaccamento vero e proprio

·      3 anni in poi: formazione dei legami: la figura di riferimento è riconosciuta dal bambino, che diviene consapevole dei propri sentimenti, emozioni e sensazioni. 

 

MARY AINSWORTH E LA STRANGE SITUATION

Anche Mary Ainsworth studiò il legame di attaccamento madre bambino sin dalle prime fasi di vita del piccolo, definendolo come una relazione stabile che si instaura tra il bambino e la sua figura primaria di accudimento (C. Guerreschi, 2011). Osservando l’interazione tra i piccoli e le loro madri, la studiosa scoprì che le madri in grado di fornire al bambino un accudimento attento, sintonizzate sui loro segnali di disagio, capaci di fornire momenti di gioco, separazione e riavvicinamento e contatto fisico, allevavano piccoli che piangevano meno rispetto agli altri, nel primo anno di vita, mostrando anche capacità più sviluppate di comunicazione. Nel 1969 ideò un esperimento osservativo che definì “strange situation”, finalizzato a studiare, attraverso l’osservazione, i comportamenti di attaccamento ed esplorazione dei piccoli di un anno in situazioni di stress. La strange situation (Ainsworth et al., 1978) consiste in una procedura di osservazione videoregistrata composta di otto fasi, che espongono il bambino a situazioni combinate e consequenziali di lieve pericolo e stress, in cui si alternano la separazione dalla madre, l’introduzione di un’estranea, la solitudine e il ricongiungimento con la madre e uno sperimentatore. La Ainsworth ha osservato come i bambini gestissero lo stress prodotto da queste situazioni in maniera diversa tra loro, e come ciò permettesse di dedurre la presenza di “rappresentazioni interne” al piccolo che ne guidavano i comportamenti: vere e proprie “differenze individuali nei modelli procedurali del sé e della figura di attaccamento” (Crittenden, 1994). 

 

La costruzione della strange situation è la seguente: 

1.    Prima fase: durata 30 secondi. La madre o figura di riferimento e il piccolo 

vengono introdotti nella stanza di osservazione con specchio unidirezionale dove sono sedie e alcuni giocattoli. Alla madre viene chiesto di sedersi e fingere di leggere una rivista mentre il piccolo viene lasciato libero di esplorare, giocare e se desidera coinvolgere il genitore in questa attività 

2.    Seconda fase: durata 3minuti. La madre legge la rivista e il bimbo è impegnato nel gioco. 

3.    Terza fase: durata 3 minuti circa. Nella stanza entra un’estranea che si siede accanto alla madre e poi parla con lei dopo un minuto. Dopodiché l’estranea cerca di interagire con il bambino coinvolgendolo nel gioco. Lo scopo è osservare le reazioni del bambino e valutare se e come questi interagisce con l’estraneo, ricorrendo o meno alla madre per valutare la situazione. 

4.    Quarta fase: 3minuticirca.Inquestafaseilgenitorelascialastanzaeilpiccolo rimane in compagnia dell’estranea. Si osserva come il piccolo reagisce all’evento, quali strategie e risorse è in grado di utilizzare per affrontare questa situazione e se ricerca la figura di attaccamento. 

5.    Quinta fase: durata 3 minuti o più. La madre rientra nella stanza e rimane con il bambino. Può consolarlo se necessario, o lasciarlo giocare da solo. Si osservano le modalità del bambino di riavvicinarsi alla madre: se ricerca il contatto, oppure appare disinteressato e la ignora mostrandosi autonomo. 

6.    Sesta fase: durata circa 3 minuti. In questa fase il genitore esce nuovamente dalla stanza lasciando il bambino completamente solo. Si osservano le modalità del bambino di fronteggiare la solitudine e l’assenza della madre. In questa fase molti bambini si disperano poiché si tratta della seconda separazione dalla figura di riferimento e restano del tutto soli. In tal caso l’osservazione viene interrotta. 

7.    Settima fase: durata circa 3 minuti. L’estranea rientra nella stanza per fornire supporto; lo scopo è osservare se il bambino ricorre alla sua presenza per consolarsi. Ci si aspetta che il bambino mostri delusione al comparire di un’estranea e non della madre.

8.    Ottava fase: durata circa 3 minuti. Il genitore entra nella stanza aspettando qualche istante, al fine di valutare se il piccolo si avvicina, quindi lo prende in braccio. In questa fase si osservano i comportamenti del bambino nei confronti del genitore: se è arrabbiato o contento, se ricerca vicinanza e contatto fisico, se si lascia consolare, oppure finge indifferenza e distacco o mostra comportamenti disorganizzati e incoerenti. 

 

STILI DI ATTACCAMENTO 

Il comportamento dei bambini in questo studio, ha permesso di catalogare inizialmente 3 e quindi aggiungere un quarto stile di attaccamento, quello disorganizzato: 

1.    attaccamento sicuro 

2.    attaccamento insicuro-ambivalente 

3.    attaccamento insicuro-evitante 

4.    attaccamento disorganizzato-disorientato 

In base alle risposte della Figura di Attaccamento (FdA) il bambino struttura uno specifico “stile di attaccamento”, che potrà essere funzionale o meno nel creare e mantenere relazioni intime con le persone importanti in età adulta. Crescendo, questa modalità diventerà un Modello Operativo Relazionale che guiderà la creazione e la gestione delle future relazioni sulla base di come si considera se stessi (amabili o meno), e su ciò che ci si aspetta dall’altro e dalla relazione. 

 

MODELLI OPERATIVI INTERNI - MOI 

Bowlby coniò il termine Modelli Operativi Interni (MOI) o Internal Working Models (1969/1988) per indicare dei modelli che gli individui costruiscono nell’interazione con l’ambiente e le figure di riferimento. Tali modelli comprendono le percezioni di sé e delle figure di accudimento o, ancor più precisamente, rappresentano modelli di sé-con-l'altro(Liotti, 2001) cioè modelli della relazione con l’altro. I MOI sono “Rappresentazioni mentali, costruite dall'individuo come strutture mentali che contengono le diverse configurazioni (spaziale, temporale, causale) dei fenomeni del mondo e che hanno la funzione di veicolare la percezione e l'interpretazione degli eventi, consentendogli di fare previsioni e crearsi aspettative sugli accadimenti della propria vita relazionale” (Albanese, 2009). 

 

1) ATTACCAMENTO SICURO 

Comportamento osservato: Nello stile di attaccamento sicuro, il bambino protesta quando la madre si allontana ma si lascia consolare non appena essa torna da lui, è confortato dalla sua presenza e, quando è con lei, gioca ed esplora liberamente l’ambiente circostante, mostrandosi curioso ed aperto. Mostra una buona capacità di esplorazione dell’ambiente circostante, di lasciarsi consolare e di riavvicinarsi alla madre. 

Affinché avvenga questo, è importante che la madre possegga alcune qualità:

·      Capacità di porsi in risonanza emotiva con i bisogni impliciti del bambino

·      Essere sensibile alle sue necessità e ai suoi messaggi, leggendone i bisogni

·      Saperlo consolare senza essere giudicante né sprezzante e senza opprimere il piccolo di attenzioni eccessive

·      Saper essere presente in modo discreto quando necessario, ma lasciarlo anche libero di esplorare e giocare. 

Queste capacità si esplicitano in una percezione attenta dei segnali e delle comunicazioni implicite del bambino, nell’interpretazione accurata di questi segnali, nella sintonizzazione affettiva (condivisione empatica) e nella prontezza, appropriatezza e completezza della risposta data al piccolo, che è costante nelle diverse situazioni (prevedibilità) e permette al bambino di costruirsi un’immagine stabile e rassicurante della figura di riferimento. 

Come vedremo, ciò non accade in altri tipi di legami di attaccamento, in cui la figura materna appare instabile e mostra reazioni imprevedibili ed incoerenti verso i comportamenti e le richieste del piccolo.

Grazie a queste esperienze, il bambino può imparare le basi della fiducia e della reciprocità, sentirsi sicuro nell’esplorare l’ambiente e verso le novità, sviluppare le capacità di autoregolazione emotiva e di gestione dell’arousal in caso di stress. Nell’attaccamento scuro, il bambino può inoltre sviluppare in modo sano l’abilità di autoregolazione delle proprie emozioni ed impulsi, sviluppare le basi della propria identità: senso di competenza, autostima ed equilibrio tra autonomia e dipendenza, imparare comportamenti empatici ma soprattutto sviluppare una cognizione interna positiva di sé, dell’altro e della relazione (e del mondo). 

Questi aspetti lo proteggeranno in futuro nelle situazioni di stress, permettendogli un miglior adattamento sociale e la costruzione di relazioni adulte equilibrate e gratificanti. 

L’ attaccamento sicuro, come è facile comprendere, è il principale fattore protettivo contro la formazione dei comportamenti violenti e antisociali: infatti, grazie ad una madre capace di sintonizzarsi con i bisogni del bambino e di fornire presenza e regole equilibrate, il piccolo sviluppa le competenze necessarie a regolare e modulare impulsi ed emozioni, e a gestire meglio stress e traumi psicologici (Werner & Smith, 1992), sviluppa comportamenti prosociali ed empatici ed è rispettoso delle regole. Può inoltre imparare a costruire un senso del sé stabile e solido, rendendosi gradualmente indipendente, esplorando l’ambiente senza ansia e sviluppando autostima, mastery, fiducia nelle proprie capacità, sviluppando dei modelli operativi interni (MOI) positivi su di sé, sull’altro e sul mondo. 

Come abbiamo visto, i primi anni di vita rappresentano un periodo di fondamentale importanza per un sano sviluppo del bambino e del suo sistema di attaccamento. 

 

2) ATTACCAMENTO ANSIOSO-AMBIVALENTE 

Lo stile di attaccamento ansioso-ambivalente è caratterizzato dal costante e impellente bisogno di rassicurazioni e accudimento da parte dell’altro. Il bambino – e poi l’adulto - che ha questo stile di attaccamento nelle relazioni, è COSTANTEMENTE PREOCCUPATO ed ANGOSCIATO dai comportamenti imprevedibili dell’altro, al quale si aggrappa TEMENDO L’ABBANDONO. Sono frequenti esplosioni di rabbia quando prevale u sentimento di paura e insicurezza, eccessiva richiesta e/o pretesa di attenzioni crescenti, alternata ad una eccessiva arrendevolezza o sottomissione all’altro nelle relazioni. 

Comportamento osservato: in questo caso, il bambino protesta in modo molto forte alla separazione dalla figura di riferimento, si mostra molto angosciato ed è inconsolabile quando si ricongiunge alla madre. Appare inibito nei comportamenti di gioco ed esplorazione dell’ambiente ed alterna rabbia ed eccessiva accondiscendenza nei confronti della figura di riferimento. Tende a sviluppare nel tempo un comportamento oppositivo-provocatorio, non è in grado di dominare gli impulsi e le emozioni, è bugiardo, mostra aggressività ed iperattività e a volte comportamenti autolesivi. 

Le FIGURE DI ATTACCAMENTO di bambini che hanno sviluppato questo stile di attaccamento mostrano comportamenti IMPREVEDIBILI ed INCOSTANTI verso i bisogni di accudimento, protezione, rassicurazione e contatto del piccolo. A volte sono accoglienti e altre volte rifiutanti e svalutanti; frequentemente inclini a condotte aggressive e poco coinvolte emotivamente col piccolo, lo mettono nella condizione di non sapere cosa aspettarsi in risposta alle proprie richieste e bisogni verso la figura di riferimento, che a volte viene vissuta come pericolosa, e sempre come imprevedibile. 

in questo caso il bambino sviluppa nel tempo DUE MODELLI OPERATIVI INTERNI:

1) uno caratterizzato dalla percezione di sé amabile e degno di amore e dell’altro 

come affidabile e degno di fiducia; 

2) l’altro caratterizzato dalla percezione di sé come non amabile e non degno di amore, e dell’altro come e altro indisponibile e/o pericoloso. 

Questi diversi modelli interni si alternano nel vissuto e nella percezione dell’individuo, dando luogo a comportamenti ambivalenti ed apparentemente incoerenti verso l’altro. 

 

3) ATTACCAMENTO INSICURO-EVITANTE 

Lo stile di attaccamento insicuro-evitante è caratterizzato, nell’osservazione del bambino nella strange situation, da manifestazioni emotive molto trattenute e apparentemente fredde: il piccolo non piange al momento della separazione dalla madre e tende ad evitarla nel momento del ricongiungimento. Si tratta di bambini che imparano molto presto a non esprimere i loro bisogni e a non fare richieste all’altro, per evitare di ricevere risposte di rifiuto o disinteresse dalla figura di riferimento (Bowlby, 1988), e per non sentire la dolorosa frustrazione che deriverebbe da tali risposte negative. Sono bambini – e saranno adulti – che non sanno esprimere correttamente la rabbia che provano, né il loro bisogni, mostrandosi poco coinvolti e falsamente autosufficienti. 

FIGURE DI ATTACCAMENTO: in questo caso sono indisponibili, scarsamente o per nulla affettuose e capaci di contatto fisico con il piccolo, tendenzialmente propense ad ignorare o allontanare – rifiutandole - le richieste di contatto, rassicurazione e vicinanza del piccolo. 

Si sviluppa un modello operativo interno caratterizzato dalla: 

  • Percezione di sé come poco amabile, non meritevole di amore e attenzioni, incapace di suscitare risposte positive di affetto e accudimento.
  • Percezione dell’altro come indisponibile o invasivo.  

Il comportamento in questo caso è caratterizzato da una spiccata autonomia ed indipendenza e dalla tendenza a mantenere distanza nei confronti dell’altro e cicliche condotte di allontanamento e riavvicinamento nella relazione. Nell’individuo adulto prevale la cognitività, mentre l’emotività è ridotta e la persona risulta fredda, poco affettuosa, distaccata e poco propensa al coinvolgimento emotivo. L’adulto tendenzialmente non ama coinvolgersi intimamente nelle relazioni sentimentali, mantenendo sempre una sorta di distanza emotiva dall’altro, distraendosi dalla coppia con attività esterne o flirt, è freddo e non si attacca all’altro, evitando l’intimità (non sesso) e l’impegno nella relazione. A volte boicotta l’intimità scegliendo partner indisponibili, non propensi all’impegno o impegnati in un altro rapporto. 

Si tratta di adulti che hanno grande difficoltà a percepire e rendersi consapevoli dei propri stati interni, mentalizzandoli, essendo abituati a negarli per non vedersi rifiutati. Nessuno ha insegnato loro che i loro bisogni possono essere accolti e le loro richieste di aiuto o sostegno possono essere soddisfatte. Si tratta spesso di persone che “non sanno chiedere”. 

 

4) ATTACCAMENTO DISORGANIZZATO 

Nel 1986, Main e Salomon aggiungono un quarto stile di attaccamento ai precedenti: lo stile di attaccamento disorganizzato-disorientato, che includeva i bambini che non rientravano nelle categorie precedentemente citate. L’osservazione di bambini con questo stile di attaccamento mostrava comportamenti incoerenti e contraddittori, paradossali, non finalizzati e disorganizzati rispetto ad un fine; erano riscontrate stereotipie, condizione di ipervigilanza e stato di costante allerta, come se ci fosse un pericolo imminente. Alcuni bambini mostravano comportamenti di avvicinamento al genitore con la testa voltata dall’altra parte oppure si dondolavano dopo aver interrotto il contatto con il genitore, o lo chiamavano dalla porta per poi allontanarsi quando arrivava. Si tratta dunque di comportamenti che indicano l’incapacità di questi piccoli, di avere una strategia coerente verso la figura di riferimento quando sperimentano bisogno di contatto e di conforto (Main, Solomon, 1990) da parte dell’altro. 

Secondo le autrici, si può “diagnosticare” questo pattern di attaccamento quando compaiono i seguenti comportamenti in presenza della figura di accudimento: 

  • Comportamenti in sequenza contraddittori: un comportamento d’attaccamento molto evidente seguito improvvisamente da evitamento o congelamento;
  • Manifestazione contemporanea di un comportamento di evitamento intenso e un’intensa ricerca di contatto;
  • Movimenti o espressioni non direzionati, mal direzionati, incompleti o interrotti: ad esempio espressioni di angoscia associate ad allontanamento dalla madre invece che ricerca di consolazione e avvicinamento a lei;
  • Presenza di stereotipie (ad esempio dondolamenti), posture anomale come l’inciampare senza un motivo reale e solo quando è presente il genitore;
  • Freezing, restare immobili e rallentare espressioni e movimenti;
  • Comportamenti che indicano paura del genitore: ad esempio curvare le spalle o mostrare espressioni facciali di spavento;
  • Aggirarsi in modo disorientato, mostrando espressioni confuse o stupefatte, cambiamenti rapidi e molteplici nel tono emotivo. 

Questi indicatori possono essere raggruppati in tre tipologie di comportamento che caratterizzano l’attaccamento disorganizzato/disorientato: comportamenti conflittuali, comportamenti che implicano disorientamento e comportamenti di paura nei confronti della figura d’accudimento. 

 

CONCLUSIONI

Le cause di disordini nell’attaccamento(attaccamento insicuro) possono essere svariate: 

  • relative ai genitori: abuso, neglect, depressione o altre patologie psichiatriche dei genitori, dipendenze ecc.
  • relative al bambino: difficoltà temperamentali, nascita prematura o problemi prenatali o perinatali;
  • relative all’ambiente: emarginazione, povertà, scadenti condizioni di vita, casa o comunità in cui si esperiscono violenza, abusi e aggressività. 

Lo stile di attaccamento non rappresenta una patologia di per sé ma certamente rappresenta un ostacolo ad una gratificante ed efficace relazione con le persone importanti e, nell’adulto, con il partner sentimentale.

Modelli di attaccamento disfunzionali non elaborati o corretti, possono portare a scelte sentimentali sbagliate o a relazioni disfunzionali e instabili o caratterizzate da violenza, sopraffazione o sottomissione.  Nel caso della dipendenza affettiva, lo stile di attaccamento frequentemente riscontrato è quello insicuro ambivalente, in cui prevale un senso di sé come immeritevole di amore, una visione dell’altro come inaffidabile e la relazione si  connota per la costante presenza della paura dell’abbandono, associata a comportamenti di controllo, ricerca continua di rassicurazione, ipervigilanza emotiva. La persona diventa diffidente, impaurita, debole e reagisce alternando comportamenti di sottomissione e accondiscendenza a comportamenti aggressivi, manipolativi e controllanti dell’altro fino a giungere a volte al ricatto emotivo e alla violenza

 

 

BIBLIOGRAFIA 

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