LA MALATTIA DI ALZHEIMER

Scritto da: Dott.ssa Annalisa Barbier

 

Quando si parla di malattia di Alzheimer - o demenza di Alzheimer - la prima cosa che viene in mente è la perdita di memoria; di fatto, la perdita graduale della memoria rappresenta il sintomo precoce, più evidente e maggiormente conosciuto di questa malattia.

Purtroppo però è soltanto il primo di una serie di altri sintomi che, con il passare del tempo ed il progredire della malattia, comprometteranno gradualmente anche le altre funzioni cognitive, fino a delineare un quadro caratterizzato da grave incapacità di agire ed interagire correttamente con l'ambiente, rendendo la persona sempre più dipendente dalle cure dei familiari.


DEFINIZIONE

La malattia di Alzheimer  - o demenza di Alzheimer - è una patologia neurodegenerativa progressiva che coinvolge la struttura cerebrale ed è caratterizzata, a livello istologico (a livello cioè delle cellule che compongono i tessuti cerebrali) dalla presenza di due strutture caratteristiche: le placche amiloidi e gli ammassi neurofibrillari.

Tali formazioni, compromettendo il corretto funzionamento delle cellule del cervello, sono responsabili dei cambiamenti che si verificano nell'ambito cognitivo e comportamentale, e che vanno a costituire i sintomi della malattia stessa.


La malattia di Alzheimer è una forma di demenza o meglio provoca a una forma di demenza.

La demenza è un insieme di sintomi ed alterazioni cognitive e comportamentali che divengono più gravi ed invasive con il passare del tempo, fino a configurare un quadro complesso che porta alla perdita dell'autonomia da parte della persona affetta.


ALCUNI DATI

La malattia di Alzheimer rappresenta la più comune forma di demenza conosciuta, rappresentando circa il 50-80% di tutte le demenze. Secondo i dati Eurocode del 2009, in Italia più di 1 milione di persone è affetta da demenza di tipo Alzheimer.

 

 

Uno dei fattori di rischio è l’età avanzata: l'età media di esordio è di 65 anni, con una prevalenza soprattutto negli over 85.

Infatti, con l'aumentare dell'età, aumenta parallelamente la probabilità di sviluppare tale malattia. 

Si stima che, dopo i 65 anni, tra il l’1 e il 6% della popolazione sia affetta da malattia di Alzheimer, e tale percentuale aumenta significativamente dopo gli 85 anni, salendo dal 10 al 30% circa.

 

Il decorso della malattia è ingravescente, ed ha una durata media che va dagli 8 ai 15 anni, durante i quali progressivamente il paziente perde l'autonomia nell'esecuzione degli atti della vita quotidiana, diventando completamente dipendente dagli altri.

 


CAUSE E GENETICA

Circa il 75% dei casi di demenza di Alzheimer sono classificati come sporadici,  ovvero non colpiscono anche i parenti del paziente.


Il restante 25% dei casi è di tipo ereditario ovvero ha cause genetiche: questi casi si possono distinguere in malattie a comparsa precoce (i sintomi appaiono prima dei 65 anni) e a comparsa tardiva (i sintomi appaiono dopo i 65 anni).
 

I ricercatori hanno identificato tre geni coinvolti nello sviluppo della malattia di Alzheimer a comparsa precoce:

  1. il gene che codifica per la proteina APP che si trova sul cromosoma 21
  2. il gene che codifica per la presenilina1 (PSEN1) che si trova sul cromosoma 14
  3. il gene che codifica per la presenilina2 (PSEN2) che si trova sul cromosoma 1 

Anche se una solamente di queste mutazioni viene ereditata, la persona molto probabilmente svilupperà la forma ad insorgenza precoce di malattia di Alzheimer.
 

Nel cromosoma 19 invece, si trova un gene (ApoE) responsabile della produzione della apolipoproteina E, che sembra essere associata alla malattia di Alzheimer ad insorgenza tardiva.

Il meccanismo che coinvolge l'Apolopriteina E nello sviluppo della forma ad insorgenza tardiva non è del tutto chiaro; tuttavia si è visto che l'apolipoproteina E lega strettamente il peptide beta-amiloide causandone la deposizione e contribuendo alla formazione delle placche amiloidi.

 

Recenti studi hanno inoltre sottolineato un possibile collegamento fra fattori di rischio cardiovascolare e genesi della malattia di Alzheimer: in particolare, pare che elevati livelli ematici dell'aminoacido chiamato omocisteina siano associati con un rischio più elevato di sviluppare la malattia. 

 

Un'altra area interessante di approfondimento per comprendere la malattia di Alzheimer è lo studio dei processi di invecchiamento cellularein particolare lo studio del danno neuronale che col tempo viene inflitto da parte dei radicali liberi alle cellule cerebrali, e che appare in grado di innescare fenomeni di danno ossidativo che interferiscono con i sottili equilibri di controllo del cervello.

I SINTOMI

Le alterazioni citologiche tipiche della malattia di Alzheimer iniziano nella corteccia entorinale, un'area del cervello vicina all'ippocampo e ad esso strettamente collegata.

Proprio l'ippocampo (una struttura del cervello coinvolta nelle funzioni di memoria a lungo e breve termine) è la struttura tipicamente bersagliata dalla malattia: le alterazioni in questa area si possono riscontrare anche dieci anni prima che insorgano i primi sintomi clinicamente evidenziabili.

 

Quando la malattia colpisce la corteccia cerebrale, iniziano a manifestarsi i i sintomi tipici che ne permettono la diagnosi:

  • una ingravescente e significativa perdita di memoria (ad es. la persona affetta ripete frequentemente le stesse affermazioni o le stesse domande)
  • sensazione di disorientamento e difficoltà nel riconoscere anche gli ambienti familiari 
  • problemi a gestire le proprie finanze
  • difficoltà nel portare a termine le normali attività giornaliere 
  • crescente difficoltà a prendere decisioni anche banali
  • perdita di spontaneità e di iniziativa 
  • perdita delle capacità di giudizio
  • aumento dell'ansia e dell’irritabilità

Con il procedere della malattia, tali sintomi diventano sempre più evidenti, e parallelamente se ne sviluppano degli altri che coinvolgono il linguaggio (compaiono disturbi sia nel parlare che nel leggere e nello scrivere), le capacità di pensiero astratto e giudizio logico, la capacità di eseguire correttamente sequenze motorie complesse (ad es. fare il caffè), la capacità di riconoscere le persone (anche i propri familiari).

 


LA DIAGNOSI

La diagnosi CERTA di malattia di Alzheimer è possibile solamente con un esame istologico del cervello: l'unico attualmente in grado di riportare la presenza delle lesioni tipiche della malattia (placche di amiloide e ammassi neurofibrillari).

 

Tuttavia vengono attualmente utilizzati dei protocolli di diagnosi che permettono di valutare con un discreto margine di attenfibilità, se i sintomi riscontrati sono riconducibili a malattia di Alzheimer o ad altra forma di demenza.

 

Tali protocolli diagnostici prevedono diverse valutazioni ed esami:

  • Esame anamnestico: fondamentale per comprendere attraverso il racconto dei familiari, l'andamento e le caratteristiche dei sintomi riferiti
  • Esame neuropsicologico: una serie di test atti a valutare le condizioni mentali del paziente, per vedere se sono presenti deficit cognitivi (memoria, orientamento, linguaggio, attenzione, pensiero astratto e organizzazione, capacità prassiche). Viene tipicamente usato - tra gli altri - un breve e indicativo test chiamato Mini-Mental State Examination (MMSE) che consiste nel sottoporre il paziente a domande del tipo: 'Che giorno è oggi?' 'In che città ci troviamo?' 'Come si chiama questo?' (mostrando un orologio) ed altre prove. Questo test è usato in tutto ilo mondo come strumento diagnostico.
  • Esami del sangue e delle urine: al fine di escludere l'esistenza di altre condizioni patologiche che potrebbero giustificare una sindrome dementigena, o di altre patologie concomitanti in grado di aggravare una pre-esistente malattia di Alzheimer.
  • Diagnostica per immagini: ossia diversi metodi di rappresentazione per immagini del cervello, atti a fornire immagini in vivo in grado di rivelare la presenza di eventuali differenze funzionali o morfologiche (ad es. aree di ridotta intensità di segnale, o aree di ridotto spessore quindi atrofiche ecc.). 

 

Le tipologie di neuroimmagine più utilizzate sono:

  • la Risonanza Magnetica Cerebrale (RMC): che consente di ottenere un'immagine della struttura del cervello estremamente particolareggiata)
  • La Tomografia Assiale Computerizzata (TAC): in grado di misurare lo spessore di una parte del cervello che rapidamente si assottiglia nei malati di Alzheimer
  • La Tomografia Computerizzata mediante Emissione di Singolo Fotone (SPECT): in grado di misurare il flusso ematico nel cervello; si è infatti riscontrato che tale flusso appare ridotto nei malati di Alzheimer per effetto della riduzione dell'attività delle cellule nervose
  •  Tomografia a emissione di positroni (PET):
    L'uso di questa tecnica è spesso limitato ai centri di ricerca; è una tecnica in grado di evidenziare le alterazioni nel metabolismo cerebrale: ad esempio un pattern abnorme di utilizzo del glucosio da parte del cervello.

 

CONCLUSIONI:

Per quanto le tecniche e le indagini diagnostiche sopra inidicate non possano condurre ad una diagnosi CERTA di malattia esse vengono tuttavia impiegate, singolarmente o congiuntamente, al fine di dare maggiore affidabilità ad una diagnosi di possibile o probabile malattia di Alzheimer.

 

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