SENTIRE LA TRISTEZZA SENZA PAURA

Scritto da: Annalisa Barbier

 

(Edward Hopper, "sole di mattina", 1952)

 

Da qualche tempo ci troviamo a vivere quasi reclusi nelle nostre abitazioni, convivendo con la consapevolezza di una minaccia più grande di noi e difficilmente controllabile, che sta causando migliaia di vittime ormai in ogni luogo del mondo. La sensazione è quella che non vi siano più “luoghi sicuri”, al di fuori della propria abitazione. 

Uno degli aspetti che caratterizzano questo momento che stiamo vivendo, è certamente quello della perdita: stiamo sperimentando la perdita delle nostre libertà, la perdita delle vecchie e rassicuranti abitudini, la perdita del piacere del contatto fisico che ci permette di abbracciare un amico, salutare un conoscente. La perdita della possibilità di una gita all’aria aperta, della gioia di un saluto improvviso, una stretta di mano al bar… La perdita delle certezze faticosamente conquistate fino ad oggi: il lavoro, la sicurezza economica, i nostri passatempi, gli equilibri familiari. La perdita della progettualità.

Molte persone stanno affrontando inoltre il dolore acuto per la perdita dei propri cari, deceduti a causa del virus o delle complicanze ad esso legate, senza poter dare loro un ultimo bacio, un conforto, un addio. Viviamo in una condizione di isolamento e lontananza forzati, che privano gli addii di quella ritualità fondamentale per aiutarci a transitare da un momento ad un altro della nostra vita. 

La perdita è una delle esperienze che caratterizzano questo momento storico, e l’emozione che accompagna la perdita è la tristezza

La tristezza fa parte del nostro repertorio biologico di emozioni e, come tutte le altre emozioni, ha la funzione importante di permetterci di comunicare – a noi stessi e agli altri – come ci sentiamo, e di cosa abbiamo bisogno. Le nostre emozioni infatti, ci forniscono informazioni importanti su una situazione, su cosa sta accadendo dentro o fuori di noi, e ci indicano se siamo in presenza di un’opportunità di crescita e sopravvivenza o di fronte ad una minaccia alla nostra sopravvivenza, fisica o psichica.

Tuttavia, nella maggior parte dei casi la tristezza viene considerata un’esperienza emotiva spiacevole: nelle sue mille sfumature può divenire di volta in volta angustia, depressione, disappunto, infelicità, nostalgia, pena, pietà, sconfitta, scoramento, mestizia, solitudine ecc… si tratta di esperienze interne, di sentimento e percezione, considerate spiacevoli da provare e dunque evitate. In effetti, chi di noi vorrebbe sottoporsi volontariamente ad un’ondata di profonda tristezza? Probabilmente pochi di noi lo farebbero, forse motivati da sentimenti e desiderio di comprensione, creazione o autoanalisi. Ma comunque pochi. 

La maggior parte di noi vorrebbe evitare di sentirsi triste, afflitto, solo o depresso… si tratta di un’emozione alla quale non solamente attribuiamo un significato privativo e spiacevole, ma anche connotata da una serie di esperienze interne (corporee, poiché tutte le emozioni hanno un connotato somatico) anche esse spiacevoli, come apatia, perdita di energia, difficoltà a respirare, sensazione di vuoto nel petto, sentirsi afflosciati come un sacco vuoto, o privi di spinta ecc.

Questa scheda, tratta dal manuale di Marsha Linehan, ci spiega le diverse forme e manifestazioni della tristezza:

(Fonte: Marsha Linehan, DBT® Skills TrainingSchede e fogli di lavoro © 2015 Marsha Linehan/The Guilford Press © 2015 Raffaello Cortina Editore)

 

(Marsha Linehan, DBT® Skills Training. Schede e fogli di lavoro © 2015 Marsha Linehan/The Guilford Press © 2015 Raffaello Cortina Editore)
(Marsha Linehan, DBT® Skills Training. Schede e fogli di lavoro © 2015 Marsha Linehan/The Guilford Press © 2015 Raffaello Cortina Editore)

In questo momento stiamo vivendo profondamente il senso della perdita, come ho scritto sopra, e ci troviamo reclusi all’interno delle mura domestiche, o reclusi all’interno di una routine di lavoro estenuante e limitante (è il caso di tutti coloro che continuano a lavorare alcuni presso uffici e le strutture sanitarie).  Siamo privati dunque anche di tutte quelle attività che prima ci permettevano, più o meno consapevolmente, di evitare di entrare in contatto con emozioni, pensieri e sensazioni spiacevoli: lavoro, attività di svago, incontri con amici, attività fisica, hobby, fantasie…

In questa condizione diventa più difficile mettere in atto quelle “strategie di evitamento” che ci permettevano di galleggiare sopra il disagio senza veramente affrontarlo, senza guardarlo in faccia, senza insomma viverlo davvero. Era facile perciò decidere di uscire la sera per non sperimentare un senso di solitudine o di frustrazione, o per evitare di essere assaliti da pensieri o ricordi spiacevoli e dolorosi. Ora non possiamo più ricorrere a questo, ed è facile dunque trovarsi non solo isolati in casa, o a contatto continuo con la fonte della nostra sofferenza (pensiamo a quelle coppie e famiglie in cui vi è un’alta conflittualità), ma anche in difficoltà di fronte alla comparsa di stati d’animo dolorosi, paura, tristezza, angoscia e preoccupazione per il presente e, ancor di più, per il futuro. Queste emozioni e queste preoccupazioni ci trovano oggi in grande difficoltà, perché non abbiamo più a disposizione l’uso delle vecchie strategie di fronteggiamento – più o meno utili ed efficaci – che ci permettevano di andare avanti senza risentirne troppo. E allora cosa possiamo fare quando la tristezza o la nostalgia prendono il sopravvento? O la paura, la preoccupazione o la rabbia inondano il nostro cuore e la nostra mente?  

Secondo il modello di psicoterapia ACT (Acceptance and Commitment Therapy), esistono due tipologie fondamentali di “controllo” delle emozioni e dei pensieri e ricordi o sensazioni spiacevoli: le strategie di fuga o le strategie di lotta. Le prime comprendono il nascondersi o il fuggire dalle situazioni che suscitano pensieri o emozioni spiacevoli, la ricerca di distrazioni o di estraniarsi attraverso l’uso di sostanze, alcol o farmaci. Le seconde includono tutte quelle strategie di pensiero caratterizzate da rimuginazione ossessiva, tentativi di controllare i propri pensieri, lunghe ed estenuanti conversazioni con se stessi in cui si tenta di trovare una soluzione, una spiegazione alternativa, un conforto… tutte queste strategie sono molto diffuse ed è spesso normale utilizzarle in alcune circostanze, ma rischiano di diventare disfunzionali e creare ulteriori problemi quando:

1)    Vengono utilizzate in maniera eccessiva

2)    Vengono usate anche quando non possono funzionare

3)    Ci impediscono di fare ciò che è importante e che ci renderebbe la vita migliore e più soddisfacente

Basti pensare all’uso degli alcolici: un conto è bere un bicchiere di vino per allentare un po’ di tensione, diverso è bere un’intera bottiglia ogni sera per non pensare a qualcosa che ci preoccupa o ci fa soffrire: le conseguenze di questa seconda ipotesi sarebbero davvero deleterie per la salute! E non solo non risolverebbero il problema, ma amplificherebbero la sofferenza e creerebbero problemi in più. 

La verità è che possiamo avere un controllo relativo sui nostri stati d’animo, controllo che decresce con l’aumentare dell’intensità del disagio sperimentato; quando cerchiamo di voler avere sempre questo tipo di controllo, rischiamo di peggiorare il nostro malessere, di crearci altri e più gravi problemi, e soprattutto rimaniamo prigionieri di una vita sempre più stretta e limitata, in cui viviamo per evitare la paura invece che per realizzare il nostro potenziale e i nostri desideri.

Tornando al momento storico che stiamo vivendo dunque, può essere utile lavorare ora più che mai, nella direzione di creare:

1)    Una maggiore libertà personale e di vita, grazie alla capacità di sostenere e gestire pensieri ed emozioni spiacevoli;

2)    Un’apertura verso la realizzazione di una vita ricca di valore e significato.

 

COME POSSIAMO FARE?

Possiamo intanto iniziare, identificando quali sono le esperienze interne che più di tutte stiamo combattendo, controllando o scacciando, per poi domandarci qual è il prezzo che paghiamo per tenere in piedi tutto questo armamentario di “evitamenti e distrazioni” e cominciare amorevolmente a chiederci cosa davvero desideriamo: quali sono i valori che vogliamo guidino la nostra vita? cosa vogliamo progettare, realizzare, ottenere, diventare?

Ma occorre anche imparare a gestire le nostre emozioni spiacevoli, attraverso l’apprendimento di alcune abilità di MINDFULNESS quali Defusione da pensieri dolorosi e spiacevoli, da convinzioni limitanti e inutili, Accettazione di emozioni e sensazioni spiacevoli anziché combatterle o allontanarle, Connessione e contatto con il momento presente e Sviluppo del Sé Osservante, quella parte di noi che ci osserva, assumendo una sorta di distanza critica da quanto accade dentro di noi.

Non è sufficiente però perché bisogna anche coltivare la piena consapevolezza dei valori che ci guidano: che tipo di persona desidero essere? Cosa ha valore e significato per me? In cosa voglio impegnarmi in questa vita? Cosa desidero che mi guidi? E quindi agire una azione impegnata, cioè un’azione forte, determinata, che ripeto e ripeto nonostante le difficoltà, nella direzione della realizzazione dei miei valori.

Quindi impegniamoci ad ascoltare senza paura il nostro cuore, ad accogliere anche i pensieri più dolorosi senza lasciarcene spaventare e tornando sempre con la mente al momento presente, distinguendo il passato dal presente e le preoccupazioni ipotetiche dalla condizione reale del momento presente. Non lasciamo che rimpianti e preoccupazioni ci impediscano di vivere ogni istante in armonia con i nostri valori, di progettare un futuro che presto arriverà, di guardare avanti con fiducia nonostante la difficoltà e i timori che stiamo vivendo. 

Possiamo restare chiusi in casa a rimuginare e a preoccuparci senza cambiare nulla, e sentendoci sempre peggio, oppure possiamo coraggiosamente cominciare a chiederci: che persona desidero essere? Che tipo di vita voglio costruire? Quali sono i valori in base ai quali voglio crescere e migliorare? Cosa voglio portare con me di questa esperienza? Cosa posso imparare da tutto ciò che sta accadendo? Come posso essere utile?

 

LETTURE CONSIGLIATE: "LA TRAPPOLA DELLA FELICITA'" DI RUSS HARRIS

1) Identifica i tuoi valori, crea una via più piena

Scarica il file e inizia a lavorare sulla consapevolezza dei tuoi evitamenti.

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Commenti: 1
  • #1

    Alberto (venerdì, 10 aprile 2020 20:47)

    Condivido in pieno. Ottima analisi