LA TOLLERANZA DELLA SOFFERENZA


Scritto da: Annalisa Barbier 

 

Nell’ambito della Mindfulness, ed in particolare nella Compassion Focused Therapy, si parla

molto di “tolleranza della sofferenza”, e cioè della capacità di metterci in contatto – e restare in contatto – con i nostri sentimenti e con le nostre emozioni intense, difficili, dolorose. Si tratta di una capacità davvero molto importante, anche per sviluppare la motivazione compassionevole di dare sollievo a tale sofferenza.

 

Ma è importante soprattutto per apprendere a regolare le nostre emozioni ed il modo in cui ci comportiamo in risposta ad esse; infatti, molto spesso le difficoltà di regolazione delle emozioni difficili, sono legate alla scarsa capacità di tollerarle.

Se ci pensiamo bene, si tratta di una risposta del tutto fisiologica alla sofferenza: ce ne

vogliamo allontanare, vogliamo tenerla distante, toglierle peso, evitarla, fino a far finta che non esista dentro di noi. E a volte, anche fuori di noi…

 

Ed in molti casi questo è sicuramente un atteggiamento utile; pensiamo al dolore che si prova mettendo una mano sulla fiamma: questo dolore ci avvisa che stiamo facendo qualcosa che ci danneggerà, dunque allontanare immediatamente la mano dalla fiamma è la risposta sana, la cosa più giusta da fare! Ed ora pensiamo invece a quelle volte in cui il dolore che non vogliamo sentire nasce nel nostro cuore, magari deriva da un ricordo, ed è legato ad una situazione che non possiamo cambiare… cosa fare in questi casi?

 

Potremmo allontanare questo dolore ricorrendo a diverse strategie: bevendo, mangiando,

usando droghe, psicofarmaci, caricandoci di lavoro, di impegni sociali, di cose da fare… oppure imparando ad ottundere la nostra capacità di sentire emozioni e sentimenti. Funzionerebbe sicuramente… ma a quale prezzo?

 

Rischieremmo di diventare alcolisti, dipendenti da droghe o di abusare di psicofarmaci,

potremmo ammalarci a causa dello stress e dell’iperlavoro, potremmo arrivare a riempire le

giornate di qualsiasi attività rimbalzando come palline impazzite da un luogo dall’altro, da un impegno all’altro… o da una relazione all’altra.

 

Oppure, nell’intento di non sentire le emozioni per noi difficili, finiremmo per non sentire più nemmeno quelle piacevoli. Insomma, le strategie utilizzate per “non sentire”, prima o poi ci si rivoltano inevitabilmente contro. E’ una questione di tempo e cominceremo a fare i conti con le conseguenze indesiderate, direi gli “effetti collaterali” di questo evitamento.

 

Un altro aspetto importante che riguarda la tolleranza (o non tolleranza) della sofferenza, è

quello legato alla disregolazione emotiva. Con questo termine indichiamo l’incapacità di

tollerare gli affetti negativi (come ad esempio noia, senso di vuoto, tristezza, angoscia,

depressione, irritabilità, ansia, preoccupazione, rabbia) intensi e/o prolungati, associata alla

difficoltà nel controbilanciare, attenuare e contenere tali affetti negativi  in modo autonomo (ad esempio attraverso l’autoconsolazione, la valutazione di alternative, l’autocontenimento), senza ricorrere ad oggetti/persone esterne, o acting-out in cui le emozioni spiacevoli non vengono elaborate ma direttamente agite all’esterno attraverso comportamenti disfunzionali (ad esempio reazioni impulsive, aggressività, autolesionismo, abuso di sostanze, comportamenti sessuali promiscui ecc…).

 

Dunque, imparare gradualmente a sviluppare la nostra capacità di tolleranza della sofferenza di stati interni spiacevoli, può essere una via davvero fruttuosa da percorrere, per poter tornare ad essere liberi e non più schiavi agiti dal bisogno di “non sentire”, di stare solo bene, di stare sempre bene.

 

Perché se da una parte c’è il non voler sentire le cose spiacevoli, dall’altra cresce l’aspettativa di sentire solo cose piacevoli e di stare sempre bene, e quando un desiderio diventa troppo intenso il rischio è che dia vita ad una paura opposta e di uguale intensità: i buddisti parlano di attaccamento e avversione.

Il desiderio-bisogno, non disciplinato dalla ragione, di stare sempre bene, porta inevitabilmente con sé la paura di stare male, delle emozioni difficili, degli stati interni spiacevoli. E se la paura prende il sopravvento – e questo accade quando non governiamo le nostre aspettative – l’evitamento sarà sempre più frequente e intenso, fino ad inglobare le nostre giornate, ingolfandole di comportamenti che ci tolgono molta libertà.

 

Allora che si fa? Dobbiamo tenere a mente alcune cose:

 

1) Una certa quota di dolore fa inevitabilmente parte della nostra esperienza di vita:

delusioni, perdite, malattie, errori sono esperienze umane che tutti attraversiamo;

2) Non siamo soli nel passare attraverso il fuoco: ci saranno sempre altre persone che

come noi hanno conosciuto la sofferenza che stiamo attraversando e che potrebbero

essere di aiuto, guida o sostegno, anche solo semplicemente ascoltando e tenendoci la

mano;

3) Provare dolore emotivo non è qualcosa di cui vergognarsi, non è una colpa o un difetto

ma è semplicemente umano, fa parte del modo in cui navighiamo la vita: proviamo

emozioni di gioia e piacere ma anche emozioni di tristezza, rabbia e paura…

4) Siamo naturalmente dotati degli strumenti per elaborare il dolore: il nostro sistema corpo-mente possiede una saggezza profonda e radicata che ci viene in aiuto nei momenti peggiori ma noi dobbiamo permettere a questa saggezza di agire, facendo il suo corso naturale, e questo prevede che ci si debba concedere gradualmente di SENTIRE ciò che c’è. Sia esso gioia, tristezza, senso di perdita, rabbia ecc…

 

Sviluppare una tolleranza alla sofferenza implica comprendere che gli stati interni dolorosi, le emozioni difficili, NON SONO ETERNI, PASSANO, come spiega il professo Tamburello in questo video.

Implica comprendere che hanno un andamento fluttuante e non mantengono sempre la stessa intollerabile intensità; possiamo imparare ad osservarli andare e venire, sollevarsi ed abbassarsi come un’onda dentro di noi. E proprio come con un’onda, possiamo imparare a “cavalcare” le emozioni difficili, restando saldi e stabili di fronte ad esse. Fare questo, ci consente di tornare ad essere liberi di agire, padroni di scegliere cosa fare di fronte alla nostra e altrui sofferenza. Altrimenti, sarà sempre più difficile confrontarci con problemi e difficoltà, e magari cercare di trovare utili soluzioni.

La Mindfulness ci fornisce strumenti davvero preziosi per comprendere cosa significhi nella

pratica, imparare a “cavalcare” l’onda della sofferenza senza esserne travolti: l’osservazione intenzionale, aperta e non giudicante dei nostri pensieri, delle nostre emozioni e del modo in cui esse si manifestano nel corpo è una pratica utile ed efficace per apprendere a tollerare le emozioni difficili.


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Commenti: 1
  • #1

    Sergio (sabato, 09 dicembre 2023 14:22)

    Molto utile. Grazie